Corriere della Sera

«Per i soldi mi dissero: vai pure da Belsito, ti dà quel che ti serve»

Borghezio: ma io non chiesi nulla

- Di Monica Guerzoni

«Com’era quella storia di Orwell sugli animali tutti uguali?».

«Alcuni sono più uguali degli altri». L’inchiesta sui fondi della Lega, onorevole Mario Borghezio, può riservare altre sorprese?

«Di fondi non so nulla. Ma chi ha sbagliato deve pagare, non può valere solo per Borghezio. Dopo aver versato 40 mila euro per gli insulti ai nomadi, sono stato condannato a pagarne sull’unghia altri 60 mila a madama Kyenge, per aver detto che al massimo poteva fare la casalinga».

Per i giudici fu un’offesa etnica, ma cosa c’entra?

«Sarà stata pure un’offesa, ma a me nessuno mi ha mai risarcito per gli insulti ricevuti. La giustizia italiana politicizz­ata mi ha intimidito, non parlo più neanche nell’aula del Parlamento europeo, perché non mi voglio far spogliare dei pochi beni che mi sono rimasti. Mi toccherà vendermi l’alloggio per pagare».

Ha un messaggio per Salvini, che vedrà Mattarella?

«Sono contento, perché sono parte in causa. Le correnti di sinistra della magistratu­ra usano le sentenze a scopo politico. Questi signori si sentono protetti, infatti mi sono compliment­ato con Morrone, è un leghista con le palle e ha detto la verità».

«Via le correnti di sinistra dalle toghe», lei è d’accordo col sottosegre­tario?

«Ha perfettame­nte ragione, il presidente della Repubblica dovrebbe accorgerse­ne. Mattarella è competente, ha esperienza e per storia di famiglia dovrebbe essere sensibile alle parti offese».

Lasci stare le vittime della mafia.

«Noi siamo parti offese, io sono stato riconverti­to come ai tempi di Pol Pot. Ora parlo col manuale del politicame­nte corretto, non posso più dire quello che penso».

Dove sono i 49 milioni che la Cassazione ha chiesto di cercare in ogni luogo?

«Se i fondi sono stati usati male è giusto che arrivino sanzioni. Ma quello è denaro sacro, ce lo siamo guadagnato col consenso dei cittadini. Io non parlo di Genova, perché nulla so. Sui finanziame­nti vedo molto fumus persecutio­nis. Non siamo ai gulag, ma alla persecuzio­ne giudiziari­a da parte di una magistratu­ra politicizz­ata».

Salvini ha responsabi­lità?

«No, a me sembra estraneo ai fatti».

E Bossi?

«Quando io avevo una rivistina andai a lamentarmi da Bossi perché non avevo i soldi e dovevo usare i fondi personali da parlamenta­re. Umberto mi disse “Mario, quanto ti serve?”. Io risposi che 20 o 30 mila euro potevano bastare».

E il leader?

«Mi disse “vai da Belsito che ti dà quel che ti serve”. Io andai dal tesoriere, lo guardai in faccia e uscii senza un soldo. Decisi che preferivo rimanere a piede libero e pulito. Non voglio dire che Bossi non fosse in condizione di capire cosa accadeva, ma era malmesso. Eravamo terrorizza­ti, aveva un elenco di pillole che sembrava un’encicloped­ia».

E lo scandalo scontrini?

«Un anno e mezzo prima dissi ai miei in Piemonte “se c’è qualcosa che non va mettete a posto le cose, altrimenti vado in Procura”. Infatti quando scoppiò il caso i signori della Procura vennero da me e mi dissero che non avevo nulla da temere».

È mai stato nella sede in via delle Stelline, a Milano?

«Nulla so, nulla voglio sapere».

Se i fondi sono stati usati male è giusto che arrivino sanzioni. Salvini è estraneo ai fatti. Vedo fumus persecutio­nis

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La sede in via delle Stelline a Milano? Non so nulla e nulla voglio sapere

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