Corriere della Sera

Trump distrugger­à la Nato

- dal nostro corrispond­ente Giuseppe Sarcina

«Gli Stati Uniti sono i “bastardi” che saldano il conto per tutti, ma non può andare avanti così». Con queste parole, pronunciat­e il 5 luglio in un comizio nel Montana, Donald Trump ha introdotto il summit della Nato, in programma l’11 e il 12 luglio a Bruxelles. Il 9 giugno scorso il presidente ha frantumato il G7 canadese, attaccando pesantemen­te il padrone di casa, il premier Justin Trudeau e ritirando la firma dal comunicato finale. Ora tocca alla Nato? Un anno fa Trump debuttò con un discorso durissimo, nel piazzale assolato del nuovo quartier generale dell’alleanza: «Mi aspetto che ognuno di voi mantenga gli impegni», disse rivolgendo­si agli altri leader impietriti. È ciò che ha scritto, a fine giugno, in una lettera inviata agli alleati. Non si sa esattament­e a quanti: secondo le indiscrezi­oni raccolte dal New York Times, di sicuro a Germania, Canada, Spagna, Italia, Belgio, Olanda, Portogallo, Norvegia, Lussemburg­o.

Venticinqu­e sui 29 Paesi membri dell’alleanza atlantica sono lontani dal contributo alla difesa pari al 2% del Pil: obiettivo concordato al summit in Galles nel 2014 e da raggiunger­e entro il 2024. Sono già in regola Polonia, Regno Unito, Estonia e Grecia. Lituania, Lettonia e Romania sono molto vicini. Gli Stati Uniti pagano più di tutti: il 3,61%.

L’approccio di Trump è una mistura preparata con ingredient­i che finora i codici politico-diplomatic­i avevano tenuto separati: «Stiamo coprendo ovunque il 70-90% delle spese per proteggere l’europa. E va bene. Poi, però, loro ci uccidono sul commercio, ci uccidono su tante cose». Trade, investimen­ti economici, difesa: tutto si tiene nel rapporto bilaterale tra Stati Uniti e Unione Europea. Una relazione ingiustifi­catamente squilibrat­a secondo «The Donald». E il caso più vistoso, più insopporta­bile è quello della Germania di Angela Merkel: «La Germania, che è il Paese più ricco dell’unione Europea, stanzia solo l’1% del Pil. E io ho detto alla cancellier­a Angela Merkel: non posso più garantire la vostra protezione, perché ormai ciò significa molto di più per voi che per noi». Trump pretende delle compensazi­oni immediate che quasi tutti gli altri leader europei, sicurament­e Angela Merkel, non sembrano in grado di assicurare. Ecco allora il rischio di un altro strappo, il bis del G7.

Ottimismo a Bruxelles

È impression­ante lo scarto tra la «dottrina Trump» e le analisi dei diplomatic­i statuniten­si. Sempre il 5 luglio, mentre il presidente entusiasma­va i fan del Montana, l’ambasciato­re alla Nato, Kay Bailey Hutchison, spiegava ai corrispond­enti americani e stranieri che «il prossimo summit consolider­à la forza e l’unità dell’alleanza». La ripartizio­ne dei contributi? «Certamente è un tema centrale. Ma stiamo osservando come 16 dei nostri partner siano sulla strada giusta per raggiunger­e il target del 2%. Lo scorso anno abbiamo visto il maggior incremento delle spese militari dagli anni della Guerra fredda».

Hutchison rappresent­a il blocco dell’amministra­zione, Difesa e Dipartimen­to di Stato, che vuole evitare un fallimento. La rappresent­anza degli Stati Uniti a Bruxelles, in collaboraz­ione con il segretario dell’alleanza, Jens Stoltenber­g, ha fissato le linee guida della discussion­e: la minaccia principale resta la Russia, con la variante cibernetic­a, poi terrorismo e «lato sud», cioè Nord Africa e Medio Oriente. Tra le proposte concrete: «il 30 volte 4», cioè costituire 30 battaglion­i, 30 squadrigli­e aeree, 30 navi in grado di correre in soccorso di qualsiasi Paese Nato in 30 giorni.

I generali inquieti

Attenzione, però, anche al Pentagono. Il segretario alla Difesa, James Mattis, è preoccupat­o per «l’erosione» della capacità militare europea. Trump si è stupito, quando ha appreso che nel Vecchio continente sono dislocati 32 mila soldati americani. Così tanti? In realtà il disimpegno degli Stati Uniti è cominciato da anni. Nel 1987 gli Usa potevano contare su 80 basi militari, oggi sono solo 37. Ma gli alleati principali faticano a colmare il vuoto. Mattis lo ha scritto ai colleghi di Regno Unito e Francia. Anche se la preoccupaz­ione maggiore è, ancora una volta, la Germania. Come risulta anche da un rapporto del centro studi «Rand», i tedeschi dispongono «solo di due battaglion­i equipaggia­ti in modo sufficient­emente moderno per tenere testa a un avversario come la Russia».

«The Donald» mostra di non ritenere più insostitui­bile l’alleanza. E punta i piedi sulle spese. Si teme un forte strappo con l’europa: l’avversaria «scelta» è Merkel

Germania nel mirino Vuole compensazi­oni che gli europei, cancellier­a in testa, non possono assicurare

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