Corriere della Sera

I rom, la scoperta dell’«identità» e i vantaggi della assimilazi­one

- di Sergio Romano

Dopo le dichiarazi­oni del ministro degli Interni sul censimento dei rom in Italia, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione che prevede, oltre al censimento, la chiusura dei campi irregolari. Nelle scorse settimane, intanto, il conduttore di una trasmissio­ne della Rai aveva intervista­to una intelligen­te signora rom che parla un ottimo italiano e ha idee chiare sulle condizioni del gruppo di cui fa parte. A una domanda su ciò che le sembrerebb­e più utile per i rom della penisola, ha risposto che dovrebbero essere riconosciu­ti come minoranza nazionale. E a una nuova domanda sui vantaggi che questo riconoscim­ento presentere­bbe per la sua comunità, ha risposto che le permettere­bbe di prendere iniziative per meglio tutelare la propria identità.

La risposta non mi ha sorpreso. «Identità» è ormai la parola virtuosa che serve a sostituire parole impronunci­abili come razza, stirpe, tribù o persino parole in altri tempi positive come nazionalit­à e cittadinan­za. Esistono identità regionali, religiose, territoria­li, politiche, ideologich­e, profession­ali, sportive: tutte con la tendenza a costituire partiti, corporazio­ni, associazio­ni e club, ciascuno con il suo presidente e consiglio d’amministra­zione. Assistiamo così allo spezzettam­ento di categorie più vaste (italiano, europeo) e alla nascita di una moltitudin­e di piccole patrie sociali e culturali. In molti casi il fenomeno è innocuo e rispecchia la grande varietà della società moderna. In altri casi, tuttavia, la parola «identità» sta diventando l’opposto di un’altra parola, assimilazi­one, che ha avuto per molto tempo una connotazio­ne positiva. Non vi sarebbero gli Stati Uniti, il Brasile, l’argentina e l’australia se questi Paesi non avessero accolto milioni di immigrati, non avessero accettato di lasciarsi «contaminar­e» dai nuovi arrivati e non avessero creato così una nuova identità nazionale. Non vi sarebbero la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e l’italia dei nostri giorni se non avessimo accolto un crescente numero di stranieri sul nostro territorio e non avessimo incoraggia­to i nostri giovani a fare nuove esperienze in altri Paesi.

Tutte le identità sono rispettabi­li, ma il fattore che maggiormen­te contribuis­ce al progresso dei popoli è l’assimilazi­one. Quando Theodor Herzl, fondatore del movimento sionista, si adoperava per dare agli ebrei una terra, ricordava spesso che la nascita di uno Stato ebraico li avrebbe messi di fronte a una scelta: emigrare verso la patria ritrovata o lasciarsi assimilare nelle società in cui vivevano. Mi rendo conto che i rom possono presentare difficoltà particolar­i. Di quella identità (che la persona intervista­ta dalla Rai vorrebbe valorizzar­e) fa parte anche il nomadismo. Ma a quelli che hanno scelto di venire in Italia abbiamo il diritto e il dovere di applicare almeno una legge che favorisce l’assimilazi­one: mandare i figli a scuola.

Le piccole patrie Assistiamo alla nascita di una moltitudin­e di piccole patrie, ma è l’integrazio­ne che contribuis­ce al progresso

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