Moavero in Libia Un segnale inviato a Parigi
Il nuovo governo italiano si rilancia ufficialmente in Libia e offre aiuto diretto al governo di Tripoli, non senza accenni di evidente polemica con la politica francese, ma soprattutto in linea con le scelte di fondo delle Nazioni Unite. Con la visita lampo e a sorpresa ieri nella capitale libica il neoministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha voluto lanciare segnali forti circa l’impegno italiano nella ricerca della pacificazione interna di questo Paese che, dalla defenestrazione del regime di Gheddafi 7 anni fa, è sempre più precipitato nella guerra civile e nel caos. Una visita molto diversa da quella del 25 giugno di Matteo Salvini, pure se in sostanziale continuità. Se infatti il ministro degli Interni si era concentrato sulla questione migranti, Moavero ha invece insistito sulle grandi questioni politiche. Con il premier del governo di Tripoli, Fayez Sarraj, e il suo vice, Ahmed Maitig, sono stati d’accordo sulla necessità di ripristinare il trattato di «Amicizia e Partenariato» firmato tra il governo Berlusconi e Gheddafi nel 2008. «Occorre lavorare per stabilizzare la sicurezza e l’unità libiche», ha sostenuto Moavero. Nei colloqui di ieri sono emerse anche forti polemiche nei confronti del summit parigino del 29 maggio scorso: il presidente francese Macron - pur senza alcun accordo firmato - si era infatti sbilanciato annunciando elezioni in Libia entro dicembre. «Non stiamo nei tempi. Occorre prima cambiare la costituzione e adottarla», insistono a Tripoli. I commentatori libici non risparmiano però neppure critiche alle nuove scelte di fondo della diplomazia italiana, che sembrano dare un ruolo predominante alla realtà municipale di Misurata (di cui Maitig è uno dei massimi rappresentanti) a scapito della Cirenaica del generale Khalifa Haftar. «Se non si lavora per il dialogo tra Haftar e Sarraj, dando alla Cirenaica lo stesso peso che alla Tripolitania, si creano motivi di scontro», insistono. È noto che proprio i capi di Misurata sono tra i maggiori oppositori di Haftar.