USA-COREA DEL NORD: KIM GIOCA LENTAMENTE, TRUMP HA FRETTA
«Colloqui incresciosi, richieste unilaterali da gangster», dicono i nordcoreani dopo la nuova visita di Mike Pompeo a Pyongyang. Il segretario di Stato americano invece sostiene che la sua missione è stata «produttiva. Che cosa succede? Avevamo lasciato Donald Trump e Kim Jong-un a Singapore un mese fa, tra strette di mano e promesse di futuro radioso. Il problema è che le due parti hanno un’idea diversa sul significato di «denuclearizzazione». Washington la vuole «completa, verificabile e immediata». Entro un anno. Ma è ormai chiaro (lo era anche prima del vertice di Singapore) che Kim non intende rinunciare al suo arsenale, costruito come polizza di assicurazione sulla vita. Però la Casa Bianca insiste che il negoziato fa progressi e ripete che i giornali americani ricchi di notizie sulla prosecuzione e intensificazione dei progetti nucleari e missilistici in Nord Corea, pubblicano «al solito fake news». Kim, che ha 34 anni, può sperare che se la natura farà il suo corso avrà altri 40-50 anni davanti a sé, può giocare una partita al rallentatore. Trump invece ha fretta: ha bisogno di un successo rapido, se non proprio prima delle elezioni di novembre, quando gli americani rinnoveranno il Congresso, almeno entro il 2020, quando si terranno le elezioni per la Casa Bianca. Pompeo sa che Kim non vuole cedere il suo arsenale atomico e missilistico, ma che può ridurlo. Ha chiesto un elenco dettagliato dei siti da ispezionare e non lo ha ottenuto. Significa che sta vincendo Kim? Forse no: bisogna ricordare che il 4 luglio dell’anno scorso la Nord Corea aveva lanciato il suo missile intercontinentale Hwasong-14 capace di colpire gli Usa. Ora ha accolto il capo della diplomazia americana. E la fretta di Trump potrebbe costringere Kim a negoziare seriamente. Per non trovarsi di nuovo nel mirino del «fuoco e furia» di Trump.