IL SEGRETO DEI MONDIALI I CALCIATORI NON INVECCHIANO
Caro Aldo, pur non essendo un grande appassionato di calcio, devo ammettere che, a mondiali inoltrati, questo sport ha indubbiamente una sua unicità. Nel senso che in questo mondo tanto interconnesso e social quanto litigioso e diviso, il calcio è forse l’unica passione veramente universale rimasta all’umanità. Al punto che lo si potrebbe considerare al pari di una religione, fanatismi compresi. Seconda, ovviamente e sfortunatamente, poi solo a quella del dio denaro (...anche se le indiscrezioni sul possibile ingaggio di CR7 alla Juventus rischi di farle tanto assomigliare!). C’è un modo per spiegare il successo di questo «credo»? I Caro Italo, n effetti l’entusiasmo suscitato dal calcio, e in particolare dalle grandi manifestazioni, ha qualcosa di universale, per non dire di religioso. Non si vuole qui ovviamente mancare di rispetto alle religioni vere. Però ha senso interrogarsi sui motivi per cui la passione sportiva incrocia il nazionalismo, l’identità collettiva, il mondo globale. La risposta non è nello spettacolo: ci sono sport più spettacolari del calcio così com’è diventato, con venti giocatori in pochi metri e molti gol che nascono da rimpalli o casualità, in un’alternanza di partite fantastiche come Francia-argentina e altre noiosissime tipo Spagnarussia. La risposta l’ho trovata nell’intervista del novantenne Giampiero Boniperti a Maurizio Crosetti di Repubblica: «La Juventus esisterà per sempre». Come il Toro, il Milan, l’inter. È difficile che un essere umano possa dire «per sempre». Della Nazionale che vinse i Mondiali del ’34 e del ’38 non è rimasto nessuno; e in pochi sono quelli che si ricordano i trionfi dell’era pretelevisiva. Eppure i calciatori sono eternamente giovani. Ogni generazione ha i suoi campioni: i nostri nonni ci parlavano di Meazza e Piola, i nostri padri di Schiaffino e Di Stefano, i fratelli maggiori di Pelé e Beckenbauer. Noi tra i 40 e i 50 anni avevamo Maradona e Platini; che per i nostri figli sono un signore sovrappeso e un politico che ha fatto una brutta fine. Ma, come scriveva Borges, ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada, ricomincia la storia del calcio.
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