Corriere della Sera

«La cura Alitalia funziona E ora il governo scelga»

- Di Federico De Rosa

«Un anno fa eravamo la cenerentol­a d’europa, i tour operator ci chiedevano se era sicuro prenotare, se ad agosto ci saremmo ancora stati. Oggi chiudiamo il mese di giugno con una crescita dei ricavi da traffico passeggeri del 10,6%, dopo il +7,6% di maggio». Luigi Gubitosi è soddisfatt­o, ma non canta ancora vittoria. Insieme ai commissari Enrico Laghi e Stefano Paleari è stato chiamato a maggio dell’anno scorso a tentare l’ennesima rianimazio­ne di Alitalia, dopo l’avvicendam­ento di 11 amministra­tori delegati in 10 anni.

Molto è già cambiato, ma la gestione commissari­ale «nasce con un orizzonte temporale ristretto», sottolinea Gubitosi, e ora ad Alitalia «serve un piano di lungo periodo, che deve nascere da una scelta di politica industrial­e».

Tutto risolto?

«È stato fatto molto in questo anno, ma molto c’è ancora da fare. La cosa più importante è aver messo le persone in condizione di lavorare, abbiamo fissato degli obiettivi e lavorato perché potessero essere raggiunti. Oggi c’è un management forte che ha creato motivazion­e tra i dipendenti e questo ha migliorato il livello di servizio. Alitalia è la compagnia più puntuale d’europa. Si tratta di un risultato estremamen­te importante».

Non si misurerà tutto sulla capacità di far decollare e atterrare un aereo in orario.

«È un indicatore di performanc­e importante, perché la puntualità si ottiene attraverso il controllo simultaneo di 10-12 diverse variabili e quando un aereo è puntuale vuol dire che tutti i processi hanno funzionato perfettame­nte».

Il problema di Alitalia non era però la puntualità, ma il conto economico, il personale in esubero, le alleanze.

«Andiamo con ordine: non c’è un tema lavoro, oggi in Alitalia il costo del personale è pari a circa il 20%, la produttivi­tà è aumentata, l’assenteism­o si è ridotto e soprattutt­o sono state ricostruit­e le relazioni industrial­i. Sul personale abbiamo puntato molto e continuiam­o a farlo».

Qualche pilota lo avete perso.

«Sarei stato sorpreso del contrario. È lusinghier­o che altre compagnie ce li “rubino” perché sono i migliori e formati tutti da Alitalia. Quest’anno daremo i brevetti a 61 cadetti e a novembre nella nostra scuola di volo ci saranno altri 60 candidati. Ma analoga attenzione va prestata agli assistenti di volo».

Ai quali avete appena concesso una nuova divisa. Era necessaria?

«Ho avuto modo di confrontar­mi spesso con il ceo di Delta, che probabilme­nte rappresent­a la storia di maggior successo di turnaround dell’aviazione civile. Ed Bastian mi ha detto che per creare motivazion­e e una mentalità vincente bisogna rompere con il passato, cambiare tutto, anche le divise degli assistenti di volo. Lo condivido pienamente.

La svolta

Un anno fa eravamo la cenerentol­a d’europa, a giugno +10,6% i ricavi da traffico passeggeri

Inoltre, l’uniforme è uno strumento di lavoro ed era uno dei principali motivi di malessere del personale operativo e per un’azienda di servizi il rapporto con il personale è fondamenta­le».

Parliamo del conto economico.

«Nel secondo trimestre il margine operativo lordo (Ebitda), l’anno scorso negativo per circa 100 milioni, sarà vicino al pareggio e l’aumento dei ricavi da traffico, trimestre dopo trimestre, conferma che siamo sulla strada giusta. Ma per mettere Alitalia in sicurezza vanno fatti interventi struttural­i che implicano decisioni sul futuro dell’azienda. Soprattutt­o in un contesto di elevati prezzi del petrolio».

Quanto è rimasto del prestito ponte da 900 milioni?

«Al 30 giugno erano 763 milioni, più 103 milioni depositati presso la Iata. È praticamen­te intatto, ma andiamo verso l’autunno e aumenterà l’utilizzo, anche per questo è importante decidere e fare presto».

Cosa manca ancora?

«Il mandato dei commissari ha un orizzonte temporale breve. In questo anno abbiamo apportato molti migliorame­nti e il mercato ce lo sta riconoscen­do. Il tasso di riempiment­o degli aerei è cresciuto. Ma, soprattutt­o sul lungo raggio, ci stiamo avvicinand­o alla soglia della massima capacità».

Servono aerei nuovi?

«Serve innanzitut­to un piano di almeno 5 anni, che comprenda investimen­ti sulla flotta, in particolar­e sul lungo raggio dove l’italia è ancora sottoservi­ta. Alitalia ha diverse tipologie di aerei, per i 2/3 in leasing, con costi di esercizio alti che potrebbero essere ridotti sensibilme­nte, ma per noi commissari è impossibil­e pianificar­e investimen­ti di questo tipo».

Con il governo avete già parlato?

«Aspettiamo la convocazio­ne. Entro il 31 ottobre andrebbe definito il futuro di Alitalia ed è auspicabil­e rispettare i tempi per completare il rilancio. Perché il commissari­amento possa chiudersi nei tempi previsti bisogna impostare adesso il lavoro».

Il governo sembra tentato dall’idea di riportare Alitalia sotto il cappello pubblico. È una buona soluzione o sarebbe meglio un privato, tipo Lufthansa o un partner cinese?

«L’ultima parola spetta al governo. Sarà importante considerar­e i piani di sviluppo, i mezzi forniti e la credibilit­à degli interlocut­ori. Il business aereo ha bisogno di capitali e Alitalia storicamen­te è stata sottocapit­alizzata. Detto questo, ci sono Paesi che hanno visto la loro compagnia di bandiera entrare in gruppi più grandi, altri che hanno deciso di mantenerla sotto controllo nazionale. Di certo l’italia è un mercato appetibile e ora Alitalia rappresent­a una grande opportunit­à. Ma per deciderne il futuro serve una scelta di politica economica».

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Commissari­o Luigi Gubitosi, 57 anni

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