Corriere della Sera

La prima volta di Eminem

Niente effetti speciali per il re dell’hip hop che con il suo tour ha fatto tappa all’area Expo In 80 mila per lo show d’esordio in Italia del rapper Nel video d’apertura lui è Godzilla che sfascia tutto

- Andrea Laffranchi

MILANO Eminem come Godzilla. Un gigante in mezzo ai grattaciel­i che sfascia palazzi e schiaccia gli elicotteri come mosche. Così si vede il rapper nel video che apre il suo «Revival» tour, ieri di passaggio all’area Expo di Rho-milano. Prima volta in Italia del gigante dell’hip hop: mai nessun rapper era riuscito a mettere assieme 80 mila persone nel nostro Paese.

Il palco è semplice. Non il luna park che si portò in giro per l’europa nel 2003. Uno schermo che per tutta la durata del concerto (soltanto 1 ora e 30 minuti) ha un’inquadratu­ra fissa su una fabbrica: brano dopo brano finirà in rovina fino a crollare ed essere invasa dalla vegetazion­e.

Felpa con cappuccio sopra il cappellino di ordinanza, niente concession­i alla moda come ha invece fatto Jay-z la sera prima a San Siro. Eminem porta in scena Mr Porter nel ruolo di hype man (quello che doppia le rime), la band, un deejay sotto un’impalcatur­a di ferro sormontata dal 313, prefisso della sua Detroit, e un ensemble di archi.

Il 2018 è l’anno dell’hip hop: su 27 settimane di classifich­e in Italia 13 hanno avuto un numero uno che arriva dal quel mondo, soprattutt­o dalla generazion­e trap. Un fenomeno ignorato per anni da radio e tv che è cresciuto sottotracc­ia. Sottovalut­ato anche dai promoter: erano gli anni Zero e nel resto dell’europa Eminem suonava e faceva sold out. Da noi solo due comparsate in tv: il Sanremo 2001 con prologo di polemiche dei soliti comitati di genitori e coda altrettant­o polemica per un dito medio alzato dalla star; gli Emas di Mtv a Roma del 2004. Mai un concerto suo, o di altri big. Merito a chi ci ha creduto questa volta e ha visto i biglietti bruciare in 3 ore, nonostante l’area Expo, location logisticam­ente infelice.

Abbiamo aspettato finora e va bene anche se ormai la sua carriera è riproposiz­ione di un’eredità artistica più che contempora­neità, ma se funzionano ancora (e a ragione) i Rolling Stones non c’è da stupirsi che lui abbia un pubblico che manco andava alle elementari quando lui era al top: il 50 per cento dei biglietti se lo sono aggiudicat­o gli under 21, e addirittur­a l’80 per cento è sotto i 25 anni, tra gli ospiti Da Detroit Eminem sul palco di uno dei live del suo «Revival Tour» che, per la prima volta, ha portato in Italia il rapper di Detroit Ghali, Eros Ramazzotti, Emis Killa, Don Joe e Rovazzi.

Il rapper bianco apre con «Medicine Man», omaggio al suo mentore Dr. Dre. «White America» è il primo colpo forte, la sua invettiva contro l’america perbenista e conservatr­ice che lo vedeva come una minaccia.

Se i Beastie Boys avevano portato il rap ai bianchi americani, Eminem aveva dimostrato anche ai neri che un rapper poteva essere bianco. Violenza, misoginia, rabbia contro tutto e tutti, erano i temi che affidava alla linguaccia dell’alter ego Slim Shady. Su «Rap God» tutti a lezione di flow, Em spara parole a mitraglia. A metà della serata il momento più delicato con «Walk on Water», duetto con Beyoncé dello scorso anno; «Stan», brano sul fan stalker e assassino che gli svoltò la carriera con un campioname­nto della dolcissima Dido, e «Love the Way You Lie» con Rihanna. Il posto delle tre è preso da Skylar Grey, autrice emergente e sua collaborat­rice. Nel frattempo sulla fabbrica scende la pioggia. E le fiamme proseguono il lavoro di distruzion­e. Il finale è un’infilata di classici: «My Name Is», «The Real Slim Shady», «Without Me» e «Lose Yourself». Al posto della fabbrica c’è una nuova area restaurata. La rabbia non è solo distruzion­e.

Successi

In programma tutti i classici del suo repertorio per un’ora e mezza di concerto

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