Se si espatria proprio per curarsi
Recarsi in un altro Paese dell’unione europea per fare una visita in un centro specializzato per quella patologia o per ricevere terapie all’avanguardia si può: il diritto dei cittadini europei a scegliere dove farsi curare è riconosciuto dalla Direttiva comunitaria sull’assistenza transfrontaliera, recepita in Italia dal Decreto legislativo n. 38/2014.
È quindi possibile usufruire oltre frontiera, in centri di assistenza sanitaria pubblici e privati, anche non convenzionati, di tutte le cure garantite dal nostro Servizio sanitario, ma bisogna anticipare i costi della prestazione e, al rientro in Italia, chiedere il rimborso alla propria Asl.
Che fare prima di partire ? Per alcune prestazioni è necessaria l’autorizzazione della Asl; sono circa un centinaio, elencate nel «Regolamento in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera soggetta ad autorizzazione preventiva», in vigore dal 6 giugno. In particolare, si precisa che occorre farsi autorizzare in anticipo nei casi in cui è previsto il ricovero del paziente per almeno una notte, per interventi in regime di day surgery, per le prestazioni di chirurgia ambulatoriale, terapeutiche e di diagnostica strumentale che richiedono l’utilizzo di infrastrutture sanitarie o di apparecchiature mediche altamente specializzate, come quelle impiegate per la risonanza magnetica (Rmn),la Tac, la radioterapia. In ogni caso, precisa la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, il paziente può chiedere informazioni al «Punto di contatto» nazionale, istituito presso il Ministero (si veda il grafico).
A chi chiedere l’autorizzazione preventiva?
La domanda va presentata alla Asl di residenza che dovrà comunicare entro 30 giorni (15 nei casi urgenti) se dà o meno l’autorizzazione. Non può rifiutarla se non riesce a garantire la prestazione sul territorio nazionale, nei tempi giusti sotto il profilo medico.
Come ottenere il rimborso delle spese?
Al rientro, entro 60 giorni dall’erogazione della prestazione ricevuta, bisogna presentare alla Asl la domanda di rimborso, corredata dalla certificazione originale medica e dalle ricevute fiscali in originale. Si è rimborsati entro 60 giorni in base alle tariffe vigenti nella propria Regione. Le Regioni hanno facoltà di rimborsare eventuali altri costi, come spese di viaggio o per gli accompagnatori di persone con disabilità.
E se non si è in grado di anticipare le spese?
In base ai Regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale si possono programmare le cure in strutture pubbliche o convenzionate di un altro Stato Ue senza anticipare le spese, che sono pagate direttamente dal nostro Servizio sanitario. Occorre sempre l’autorizzazione preventiva della Asl che, di norma, la rilascia se la prestazione rientra nei Lea e non può essere garantita in Italia in tempi adeguati.
Come si fa a sapere se si può usufruire dell’assistenza diretta?
«L’asl è tenuta a dire qual è la procedura più vantaggiosa per l’assistito — risponde Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale dei diritti del malato-cittadinanzattiva —. Purtroppo con le norme che hanno recepito la Direttiva europea sono state introdotte procedure burocratiche, per mere ragioni economiche, che di fatto hanno sminuito la portata innovativa della Direttiva, ovvero garantire ai pazienti il diritto a scegliere liberamente da chi farsi curare nei Paesi dell’unione, che non significa incentivare la mobilità sanitaria, perché si farebbe volentieri a meno di spostarsi per trovare le cure necessarie».