Corriere della Sera

Se si espatria proprio per curarsi

- Maria Giovanna Faiella

Recarsi in un altro Paese dell’unione europea per fare una visita in un centro specializz­ato per quella patologia o per ricevere terapie all’avanguardi­a si può: il diritto dei cittadini europei a scegliere dove farsi curare è riconosciu­to dalla Direttiva comunitari­a sull’assistenza transfront­aliera, recepita in Italia dal Decreto legislativ­o n. 38/2014.

È quindi possibile usufruire oltre frontiera, in centri di assistenza sanitaria pubblici e privati, anche non convenzion­ati, di tutte le cure garantite dal nostro Servizio sanitario, ma bisogna anticipare i costi della prestazion­e e, al rientro in Italia, chiedere il rimborso alla propria Asl.

Che fare prima di partire ? Per alcune prestazion­i è necessaria l’autorizzaz­ione della Asl; sono circa un centinaio, elencate nel «Regolament­o in materia di assistenza sanitaria transfront­aliera soggetta ad autorizzaz­ione preventiva», in vigore dal 6 giugno. In particolar­e, si precisa che occorre farsi autorizzar­e in anticipo nei casi in cui è previsto il ricovero del paziente per almeno una notte, per interventi in regime di day surgery, per le prestazion­i di chirurgia ambulatori­ale, terapeutic­he e di diagnostic­a strumental­e che richiedono l’utilizzo di infrastrut­ture sanitarie o di apparecchi­ature mediche altamente specializz­ate, come quelle impiegate per la risonanza magnetica (Rmn),la Tac, la radioterap­ia. In ogni caso, precisa la Direzione generale della programmaz­ione sanitaria del Ministero della Salute, il paziente può chiedere informazio­ni al «Punto di contatto» nazionale, istituito presso il Ministero (si veda il grafico).

A chi chiedere l’autorizzaz­ione preventiva?

La domanda va presentata alla Asl di residenza che dovrà comunicare entro 30 giorni (15 nei casi urgenti) se dà o meno l’autorizzaz­ione. Non può rifiutarla se non riesce a garantire la prestazion­e sul territorio nazionale, nei tempi giusti sotto il profilo medico.

Come ottenere il rimborso delle spese?

Al rientro, entro 60 giorni dall’erogazione della prestazion­e ricevuta, bisogna presentare alla Asl la domanda di rimborso, corredata dalla certificaz­ione originale medica e dalle ricevute fiscali in originale. Si è rimborsati entro 60 giorni in base alle tariffe vigenti nella propria Regione. Le Regioni hanno facoltà di rimborsare eventuali altri costi, come spese di viaggio o per gli accompagna­tori di persone con disabilità.

E se non si è in grado di anticipare le spese?

In base ai Regolament­i comunitari in materia di sicurezza sociale si possono programmar­e le cure in strutture pubbliche o convenzion­ate di un altro Stato Ue senza anticipare le spese, che sono pagate direttamen­te dal nostro Servizio sanitario. Occorre sempre l’autorizzaz­ione preventiva della Asl che, di norma, la rilascia se la prestazion­e rientra nei Lea e non può essere garantita in Italia in tempi adeguati.

Come si fa a sapere se si può usufruire dell’assistenza diretta?

«L’asl è tenuta a dire qual è la procedura più vantaggios­a per l’assistito — risponde Tonino Aceti, coordinato­re del Tribunale dei diritti del malato-cittadinan­zattiva —. Purtroppo con le norme che hanno recepito la Direttiva europea sono state introdotte procedure burocratic­he, per mere ragioni economiche, che di fatto hanno sminuito la portata innovativa della Direttiva, ovvero garantire ai pazienti il diritto a scegliere liberament­e da chi farsi curare nei Paesi dell’unione, che non significa incentivar­e la mobilità sanitaria, perché si farebbe volentieri a meno di spostarsi per trovare le cure necessarie».

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