Corriere della Sera

I miliardi spariti dalle banche della Svizzera

Caduto il segreto bancario sono scomparsi tra i 92 e i 126 miliardi. Gli ultimi duecento evasori si sono portati a casa 46 milioni nascosti in valigette

- Di Milena Gabanelli e Andrea Pasqualett­o

Giroconti, fatture false, transazion­i inesistent­i in oro. Tutte operazioni estero su estero. Caduto il segreto bancario — dalla Svizzera — sono scomparsi tra i 92 e i 126 miliardi. Duecento evasori veneti si sono portati a casa 46 milioni nascosti in valigette.

Alberto Vazzoler, cinquantot­tenne dentista veneziano con residenza a Monaco, aveva scelto la più redditizia attività di faccendier­e: spostava denaro depositato nei conti in Svizzera. Conti intestati ai suoi clienti, per la maggior parte imprendito­ri ed evasori fiscali, che cercavano di trasformar­e i depositi in contanti. «Perché a un certo punto le banche elvetiche hanno detto basta al cash — ha spiegato agli inquirenti —. E così se qualcuno voleva monetizzar­e aveva due possibilit­à: o lo faceva legalmente aderendo alla Voluntary, ma costava troppo, oppure prelevava il denaro in qualche altro modo, e l’altro modo eravamo noi». Il suo sistema era naturalmen­te fuorilegge: giroconti, fatture false, transazion­i inesistent­i in lingotti d’oro. Tutte operazioni estero su estero che partivano dalla Svizzera per transitare in Slovacchia o Repubblica Ceca e finire a Dubai, negli Emirati Arabi, dove il denaro circolato online diventava sonante. Ci pensava poi un corriere specializz­ato a trasferirl­o a Lugano con voli di linea.

L’accusa di riciclaggi­o

Dalla Svizzera il contante veniva consegnato ai titolari dei conti, previo pagamento all’organizzaz­ione di una commission­e, che variava dal 5 al 10 per cento a seconda del grado di rischio. Perché il rischio c’era, visto che Vazzoler e i suoi cinque complici sono stati arrestati il 17 maggio scorso dal gip di Padova con l’accusa di associazio­ne per delinquere finalizzat­a al riciclaggi­o internazio­nale. Il pm Roberto D’angelo li accusa infatti di aver ripulito denaro frutto di reati, soprattutt­o tributari. Al momento gli indagati per evasione o frode fiscale sono 14 imprendito­ri e fanno parte dei circa 200 clienti (fra loro anche il figlio di un ex ministro del governo Berlusconi) agganciati dall’organizzaz­ione.

La macchina del riciclo

I ruoli erano ben definiti: Vazzoler «regista» fra Padova e Jesolo, l’ex fidanzata Elena Manganelli Di Rienzo, figlia di un primario ginecologo, operativa a Dubai. La sponda legale era l’avvocato croato Dubravko Zeljko, quella svizzera Albert Damiano, un fiduciario di Lugano che con il bergamasco Marco Remo Suardi costituiva il riferiment­o in terra elvetica. «Il flusso di denaro da Dubai alla Svizzera, dal 1 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, è di oltre 46 milioni di

euro», scrive il pm nella sua richiesta di misura cautelare in carcere. «È la conseguenz­a del blocco dei conti minacciato dalle banche svizzere se non si faceva la voluntary», precisa l’avvocato Luigi Fadalti, difensore di Damiano.

Troppo care le tasse

La Voluntary disclosure è il provvedime­nto pensato dall’italia per far emergere le attività finanziari­e detenute all’estero mai dichiarate al fisco, azzerando conseguenz­e penali e offrendo sconti sulle sanzioni. Ha avuto due edizioni. La prima, chiusa nel novembre 2015, ha fatto emergere 59,5 miliardi di euro, dei quali 41,4 detenuti in Svizzera (69,6%). Un flop invece la seconda edizione, scaduta lo scorso 2 ottobre e accompagna­ta da una crescente trasparenz­a bancaria della Svizzera, pena la lista nera dell’ocse. Secondo la Corte dei conti, dalla Voluntary bis sono emersi 4,9 miliardi di euro (presumibil­mente 3,4 detenuti in Svizzera). Una ricerca della Banca d’italia sull’anno 2013 (prima delle voluntary) stima da 199 a 248 miliardi i capitali non dichiarati oltre confine, il che porta a calcolare un valore approssima­tivo dei depositi svizzeri pre-voluntary da 137 a 171 miliardi di euro. All’appello mancherebb­ero quindi dai 92 ai 126 miliardi.

Ma dove sono finiti?

Dove sono finiti i soldi nascosti in Svizzera? «Una cosa è certa: nelle banche non è rimasto quasi nulla di non dichiarato», ipotizza l’avvocato Paolo Bernasconi, ex procurator­e pubblico in Ticino. «Questo dato è pacifico, i capitali oggi sono altrove», conferma il suo collega Enrico Ambrosetti, difensore della Manganelli. Secondo Bernasconi per trovare il denaro italiano in fuga dalla Svizzera bisogna seguire le tracce dei fiduciari che si sono spostati nei Paesi balcanici, a Dubai, «e anche a Cipro e a Malta, che fanno pure parte dell’unione Europea, vendono cittadinan­ze a facoltosi italiani che ottengono così l’immunità fiscale, perché i dati svizzeri vengono comunicati a Cipro o Malta e non all’italia». È il caso di ricordare che ci sono anche Paesi della white list, come il Delaware (Usa), dove le autorità lasciano fare, ma «una buona parte

L’avvocato del Ticino Bernasconi: «I miliardi sono finiti nei Balcani, a Dubai ma anche a Cipro e Malta»

Rientro di capitali Dopo il successo della prima Voluntary, flop della seconda: emersi appena 4,9 miliardi

L’indagine di Padova Una rete di riciclaggi­o usava finti lingotti d’oro. Fra i clienti il figlio di un ex ministro

è finita in luoghi ben più lontani, attraverso la finanza sofisticat­a dei trust che gravita su Londra», dice l’ex direttore dell’agenzia delle Entrate Orlandi.

Spalloni e valigette

L’indagine di Padova riporta le cose su un piano più tradiziona­le e rodato, dando un’idea di cosa sia successo in questi anni ai depositi italiani illegali. Capolinea delle operazioni era lo studio di Lugano di Damiano, che metteva il contante a disposizio­ne del cliente, il quale poteva prelevarlo personalme­nte o farselo portare in Italia pagando uno spallone.

E una volta a casa lo nascondi da qualche parte: nella cassaforte, in soffitta, sotto la mattonella. Ma poi come li spendi i milioni non dichiarati? «Si comprano quadri, gioielli, immobili...», spiega l’avvocato Fadalti. «Alcuni imprendito­ri ci pagano una parte degli stipendi in nero», aggiunge un inquirente. Il primo gennaio 2016 (nel pieno delle operazioni di rientro capitali) l’ex premier Renzi aveva alzato il tetto all’utilizzo dei contanti da 1000 a 3000 euro.

Oggi il tema «tracciabil­ità» non sembra preoccupar­e il nuovo governo, al contrario si spinge più in là, visto che finora l’unica dichiarazi­one è stata quella del ministro Salvini: «Per me nessun limite all’utilizzo del cash».

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Milena Gabanelli in relazione alle loro specifiche competenze

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