Corriere della Sera

Vanzina e il film ironico dell’italia

Addio al regista, insieme con il fratello Enrico ha raccontato con ironia 40 anni di costume

- di Paolo Mereghetti e Maurizio Porro Cavalli, Morvillo

Èmorto a 67 anni il regista Carlo Vanzina. Con il fratello Enrico ha raccontato 40 anni di costume.

Quello dei Vanzina brothers resta il marchio di fabbrica di un cinema popolare, quasi sempre comico, spesso il cine panettone, con qualche polemica parentesi (Tre colonne in cronaca) e qualche malinconic­a eccezione come l’ottimo Il pranzo della domenica, rito di famiglia.

Carlo Vanzina, morto ieri mattina a Roma dopo una lunga malattia, col fratello maggiore Enrico con cui era in simbiosi, osservava la realtà allo specchio deformante che denunciava senza virgolette: il cialtrone recitato da Christian De Sica è il prolungame­nto dell’italiano furbetto, il Gassmann del Sorpasso. Carlo Vanzina il mestiere del cinema lo aveva respirato in casa, figlio di Steno, grande commediant­e. Nacque il 13 marzo 1951 e debuttò a un anno in Totò e le donne del padre, poi giusto il tempo per frequentar­e il liceo francese Chateaubri­and, una cosa proustiana, e fu l’assistente di Monicelli, grande amico e collega di papà con cui girò capolavori come Guardie e ladri. Nel ‘76, lancio in grande stile di Lucherini, debuttò alla regia con Pozzetto cameriere in Luna di miele in tre.

Viene dall’epoca d’oro del nostro cinema, quando la società entrava nel trionfo della mediocrità, popolo di anti eroi per mitizzare il nuovo ricco borghese con le Vacanze di Natale (dall’83) a Cortina poi in luoghi esotici o con i flirt da spiaggia come nel filone inaugurato da Sapore di mare.i Vanzina hanno colmato il bisogno di ridere dopo la grande commedia d’autore, contribuen­do a lanciare attori dal cabaret come I Gatti di Vicolo Miracoli e Calà. E poi l’esperienza con il terruncell­o Abatantuon­o, epoca di Fichissimi e Eccezzziun­ale… veramente, Isabella Ferrari e Boldi che poi farà coppia con De Sica ma che con i due fratelli Carlo ed Enrico girerà Yuppies. Finché con A spasso nel tempo (1996) parte la saga natalizia.

Amante del cinema brillante, di gag ed equivoci più che di battuta, Vanzina tenta di mostrare i lati grotteschi e mostruosi di una realtà in evoluzione verso il trash e l’ignoranza, il Paese che si prepara all’era dei messaggini. Ma frequenta anche giallo e thriller con Sotto il vestito niente, colpi grossi fra modelle e vip nella Milano da bere anni 80 dove il colto ragazzo pariolino ha spesso lavorato, nel quadrilate­ro della moda di via Montenapol­eone, centro di osservazio­ne da cui è nata la maschera del cumenda sbruffone di Guido Nicheli. A spasso nel tempo e nello spazio, sognando la California, la Florida o South Kensington, dirigendo anche stranieri di fama (Everett, Modine, Bouquet, Degan) o ritornando nel Senato dell’antica Roma col successo di grana rossa SPQR. Q ualunque spunto di finta o vera attualità era buono per imbastire il treno degli equivoci.

Vanzina non ha tralasciat­o neppure quel po’ di romanticis­mo che resiste agli usi e costumi in Il cielo in una stanza e imponendo Raul Bova in Piccolo grande amore (‘93). Una produzione imponente per numero di titoli (una settantina oltre alle serie tv), certo non tutti riusciti e neppure tutti di successo, ma a corrente alternata con la foga di non tralasciar­e nulla, appuntando voci e volti, factory all’italiana, affamata di osservare le mutazioni anche più sgradevoli, un Dagospia in servizio permanente.

Dopo l’era delle Vacanze di Natale, gli ultimi titoli sono Caccia al tesoro, Miami Beach, Non si ruba a casa dei ladri; lavorano tutti, da De Sica con Boldi, recuperand­o dopo tanta borghesia romana (Lisi, Proietti, Mattioli, Brignano e Le finte bionde), anche quella napoletana (Buccirosso e Salemme, presenti nel finale). Dirige Ghini, i nuovi golden boys Franceschi­ni e Morelli, Ricky Memphis, Max Tortora, Jerry Calà, le belle signore Rocca, Autieri, Brilli, Foglietta, Marini, Bobulova, Suma, Falchi e l’altera Carol Alt, l’elenco infinito di una compagnia di rivista coerente, dedita a riconoscer­e il peggio del costume o rievocando un passato impossibil­e (Il ritorno del Monnezza con Amendola o Febbre da cavallo La Mandrakata con Proietti). L’italia vista nelle sue radici grette ed esibizioni­ste, mentre si riposa a Fregene o ai Caraibi, chatta, tradisce, si diverte con le barzellett­e, organizza corruzione di bassa lega, pasticci, equivoci e imbrogli che vengono dalla lezione di Totò e Peppino: ma non drammatizz­iamo, è stata quasi sempre questione di corna.

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Qui sopra Carlo Vanzina, morto ieri a 67 anni, alla cinepresa. In alto Alberto Sordi sul set di «Un americano a Roma» con Carlo (a sinistra) e il fratello Enrico: il fim è stato diretto dal loro padre Steno nel 1954
Una vita sul set Qui sopra Carlo Vanzina, morto ieri a 67 anni, alla cinepresa. In alto Alberto Sordi sul set di «Un americano a Roma» con Carlo (a sinistra) e il fratello Enrico: il fim è stato diretto dal loro padre Steno nel 1954

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