Beverly e le 12 tribù d’israele Un’artista (pacifista) per Nir l’uomo che sfiderà Netanyahu
A casa della pittrice e del marito, il sindaco «duro» di Gerusalemme
GERUSALEMME Le conchiglie raccolte sugli scogli che da secoli sostengono la fortezza di Acri danno un bianco rosato. Le rocce dei canyon giù nel deserto sono rossastre e dure da macinare. Quasi quanto la pietra di Gerusalemme che non si lascia frantumare come i contrasti della città più complessa al mondo. In questo studio i dissidi vengono però lasciati fuori, entra solo tanta luce e a tratti il rumore del traffico.
Beverly Barkat porta il cognome del marito, che da un decennio guida la metropoli considerata dagli israeliani – e ormai da Donald Trump – la loro capitale. Lascia a lui il ruolo «di dare risposte, è quel che tocca ai politici»: «Io sono un’artista, il mio tentativo è creare domande, aprire un dialogo». Per la sua seconda mostra personale in Italia, inaugurazione il 9 ottobre, ha scelto di ispirarsi alle antiche dodici tribù di Israele, di portare nelle sale del museo Boncompagni Ludovisi a Roma i colori delle terre dove hanno abitato, le sfumature delle pietre preziose che – racconta Al lavoro Beverly Barkat, 52 anni, al lavoro nel suo studio di Gerusalemme (Foto Tor Ben Mayor). La mostra dei suoi lavori «After the Tribes», curata da Giorgia Calò, aprirà le porte al Museo Boncompagni Ludovisi di Roma il prossimo 9 ottobre
la Bibbia – i loro sacerdoti indossavano sul pettorale durante la preghiera.
Ha ristudiato l’ebraismo che aveva imparato da ragazzina, dopo essere immigrata con i genitori dal Sudafrica a dieci anni - oggi ne ha 52; ha girato il Paese per raccogliere argilla, ciottoli, sabbia da pestare nel mortaio con le gemme di topazio od onice e crearsi così una sua tavolozza di tonalità da associare ai dodici figli di Giacobbe e ai loro discendenti. Questi pellegrinaggi non l’hanno portata in Cisgiordania («non sono stata neppure in Siria o Giordania, dove pure le tribù erano arrivate»), quella che il marito Nir chiama con il nome biblico di Giudea e Samaria e che proclama di non voler mai restituire ai palestinesi: «La soluun zione dei due Stati è finita», ha detto pochi giorni fa alla britannica Bbc. In marzo ha annunciato la decisione di non ricandidarsi per il terzo mandato da sindaco di Gerusalemme, punta alla politica nazionale, a conquistare un seggio con il Likud e da lì – pronosticano gli analisti – spera di togliere il comando della destra e del governo al primo ministro Benjamin Netanyahu.
L’installazione «After the Tribes» è alta quattro metri – dodici cerchi in Pvc, dipinti su lato, i colori e i segni visibili anche dall’altro – e vuole risultare lontanissima da qualsiasi slogan da manifesto elettorale. «All’inizio ho pensato alla varietà di paesaggi che abbiamo in Israele, da lì sono arrivata alle regioni dove vivevano le tribù e più in profondità a chi sono io: come persona, come ebrea che ha scelto di vivere qui e di crescere qui le mie tre figlie, il mio legame con questa terra e il suo passato. La mia identità ebraica non è nazionalistica, non vuole schiacciare chi è in disaccordo. Allo stesso tempo per accettare veramente gli altri dobbiamo sentirci forti nella nostra identità».
Come l’anno scorso per Palazzo Grimani a Venezia — dove adesso alcune sue opere fanno parte della collezione permanente dopo la mostra durante la Biennale — il tondo delle «tele» in materiale trasparente rimanda all’architettura, la forma delle finestre, nella residenza Boncompagni Ludovisi. Ritorna la parola dialogo: «Cerco sempre il dialogo con i luoghi o con le persone. Questa opera è così importante per me perché in quel “After” c’è il senso del seguire i passi delle tribù e il dopo, l’israele di oggi. Dove tutti devono poter sentirsi ugualmente importanti: i palestinesi, certo, gli ebrei (ultraortodossi o laici che siano), i cristiani, i musulmani. Io ho il diritto di vivere qui quanto loro hanno il diritto di vivere qui e dobbiamo trovare insieme il modo. Soluzioni da offrire non he ho, purtroppo».
@dafrattini
Non tocca a me dare risposte: in quanto artista, il mio ruolo è quello di sollevare domande. Ma vorrei che ebrei e palestinesi trovassero il modo di vivere qui insieme
Il viaggio
Per realizzare le sue opere ha ripercorso i passi delle antiche tribù da Acri fino al deserto