Corriere della Sera

Beverly e le 12 tribù d’israele Un’artista (pacifista) per Nir l’uomo che sfiderà Netanyahu

A casa della pittrice e del marito, il sindaco «duro» di Gerusalemm­e

- di Davide Frattini DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

GERUSALEMM­E Le conchiglie raccolte sugli scogli che da secoli sostengono la fortezza di Acri danno un bianco rosato. Le rocce dei canyon giù nel deserto sono rossastre e dure da macinare. Quasi quanto la pietra di Gerusalemm­e che non si lascia frantumare come i contrasti della città più complessa al mondo. In questo studio i dissidi vengono però lasciati fuori, entra solo tanta luce e a tratti il rumore del traffico.

Beverly Barkat porta il cognome del marito, che da un decennio guida la metropoli considerat­a dagli israeliani – e ormai da Donald Trump – la loro capitale. Lascia a lui il ruolo «di dare risposte, è quel che tocca ai politici»: «Io sono un’artista, il mio tentativo è creare domande, aprire un dialogo». Per la sua seconda mostra personale in Italia, inaugurazi­one il 9 ottobre, ha scelto di ispirarsi alle antiche dodici tribù di Israele, di portare nelle sale del museo Boncompagn­i Ludovisi a Roma i colori delle terre dove hanno abitato, le sfumature delle pietre preziose che – racconta Al lavoro Beverly Barkat, 52 anni, al lavoro nel suo studio di Gerusalemm­e (Foto Tor Ben Mayor). La mostra dei suoi lavori «After the Tribes», curata da Giorgia Calò, aprirà le porte al Museo Boncompagn­i Ludovisi di Roma il prossimo 9 ottobre

la Bibbia – i loro sacerdoti indossavan­o sul pettorale durante la preghiera.

Ha ristudiato l’ebraismo che aveva imparato da ragazzina, dopo essere immigrata con i genitori dal Sudafrica a dieci anni - oggi ne ha 52; ha girato il Paese per raccoglier­e argilla, ciottoli, sabbia da pestare nel mortaio con le gemme di topazio od onice e crearsi così una sua tavolozza di tonalità da associare ai dodici figli di Giacobbe e ai loro discendent­i. Questi pellegrina­ggi non l’hanno portata in Cisgiordan­ia («non sono stata neppure in Siria o Giordania, dove pure le tribù erano arrivate»), quella che il marito Nir chiama con il nome biblico di Giudea e Samaria e che proclama di non voler mai restituire ai palestines­i: «La soluun zione dei due Stati è finita», ha detto pochi giorni fa alla britannica Bbc. In marzo ha annunciato la decisione di non ricandidar­si per il terzo mandato da sindaco di Gerusalemm­e, punta alla politica nazionale, a conquistar­e un seggio con il Likud e da lì – pronostica­no gli analisti – spera di togliere il comando della destra e del governo al primo ministro Benjamin Netanyahu.

L’installazi­one «After the Tribes» è alta quattro metri – dodici cerchi in Pvc, dipinti su lato, i colori e i segni visibili anche dall’altro – e vuole risultare lontanissi­ma da qualsiasi slogan da manifesto elettorale. «All’inizio ho pensato alla varietà di paesaggi che abbiamo in Israele, da lì sono arrivata alle regioni dove vivevano le tribù e più in profondità a chi sono io: come persona, come ebrea che ha scelto di vivere qui e di crescere qui le mie tre figlie, il mio legame con questa terra e il suo passato. La mia identità ebraica non è nazionalis­tica, non vuole schiacciar­e chi è in disaccordo. Allo stesso tempo per accettare veramente gli altri dobbiamo sentirci forti nella nostra identità».

Come l’anno scorso per Palazzo Grimani a Venezia — dove adesso alcune sue opere fanno parte della collezione permanente dopo la mostra durante la Biennale — il tondo delle «tele» in materiale trasparent­e rimanda all’architettu­ra, la forma delle finestre, nella residenza Boncompagn­i Ludovisi. Ritorna la parola dialogo: «Cerco sempre il dialogo con i luoghi o con le persone. Questa opera è così importante per me perché in quel “After” c’è il senso del seguire i passi delle tribù e il dopo, l’israele di oggi. Dove tutti devono poter sentirsi ugualmente importanti: i palestines­i, certo, gli ebrei (ultraortod­ossi o laici che siano), i cristiani, i musulmani. Io ho il diritto di vivere qui quanto loro hanno il diritto di vivere qui e dobbiamo trovare insieme il modo. Soluzioni da offrire non he ho, purtroppo».

@dafrattini

Non tocca a me dare risposte: in quanto artista, il mio ruolo è quello di sollevare domande. Ma vorrei che ebrei e palestines­i trovassero il modo di vivere qui insieme

Il viaggio

Per realizzare le sue opere ha ripercorso i passi delle antiche tribù da Acri fino al deserto

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Il politico ● Nir Barkat, 58 anni, è sindaco di Gerusalemm­e dal 2008. Ha aderito al Likud a fine 2015
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