Corriere della Sera

Con gli occhi di un clochard

La Nikon avuta in regalo dal fotografo del Papa Daniele: così vi racconto ciò che gli altri non vedono

- Di Paolo Conti

«Il mio stile è simile, ma non uguale, alla Street Photo, ovvero alla fotografia di strada. Non disprezzo nessun genere di foto, tranne quelle indiscrete. Queste immagini rappresent­ano il mio modo di vivere e vedere la foto, nella mia vita vissuta. Testimonio ciò che gli altri spesso non vedono e rischiano di calpestare».

Daniele Ciarlatini ha 45 anni, è romano. Dopo il secondo anno di studi alla facoltà di Giurisprud­enza qualcosa si ruppe dentro di lui e la sua vita uscì da tanti schemi tradiziona­li. Insomma Daniele deragliò, succede a tanti. Ha vissuto e dormito su strada, sui treni, in luoghi di fortuna in Italia e in tanti Paesi europei: «Diciamo che ho avuto un lungo disagio». Ed è giusto non entrare nei particolar­i. Poi è avvenuto «qualcosa»: «Sono riemerso, mi sono ritrovato. Lo devo a Lui. Al Padreterno». Espression­e che a Roma, da sempre, è sinonimo di Dio: «La fede per me è stata vitale, essenziale per la mia rinascita. Dalla cenere può sorgere qualcosa di positivo, ce lo insegna il mito della Fenice». C’è stato, e c’è tuttora, il discreto ma solido sostegno della Ronda della Solidariet­à, presieduta da Marzia Giglioli, una delle associazio­ni di volontaria­to cattolico che a Roma lavorano su strada occupandos­i degli Ultimi della Terra: mense all’aperto, aiuti medici e psicologic­i.

Dice Daniele: «La Ronda mi ha aiutato moltissimo a ottimizzar­e il mio status». Poi è arrivata la fotografia: «Dal 2009 mi sono avvicinato a questa forma di espression­e, cominciand­o dalle macchinett­e usa e getta». A metà giugno 2018, la grande novità: la Divisione fotografic­a di Vatican Media ha regalato a Daniele una D700 Nikon (compresa di obiettivo, scheda di memoria e caricabatt­erie) usata per anni dal suo proprietar­io, il fotografo papale Francesco Sforza, per documentar­e l’opera di papa Francesco.

Daniele ha accettato di incontrarc­i, di parlare del suo lavoro e di affidare al Corriere della Sera il suo debutto come vero fotografo profession­ista : «Prima non avevo uno scopo, ora ho quello di realizzare immagini comunicand­o ciò che è realmente la strada».

Lo interessan­o i dettagli: il pane, simbolo di cibo quotidiano, i piedi dei senzatetto che partecipan­o a una gita parrocchia­le, i pochi centesimi gettati su strada («i piccoli soldi hanno valore, quante volte mi è stato rifiutato il cibo perché mi mancavano 10 centesimi...»), una panchina con un simbolo, un taglio di luce. Ma prima di tutto, fotografa strade, luoghi pubblici. Oggi Daniele ha un «posto dove riposare, lo ritengo un beneficio di Dio».

Collabora come fotografo di scena con la Libera Università del Cinema fondata nel 1983 da Sofia Scandurra, Cesare Zavattini e Alessandro Blasetti, lì è nato un talento come Emanuele Crialese. E Fiorenza Scandurra, la figlia di Sofia, è tra i volontari della Ronda. Daniele ora appare sorridente, ben curato, pieno di energie. E concludend­o dice di sé: «Ora io abbatto il muro tra chi ha bisogno e chi non lo ha, traghetto il disagio di tante persone, tra il visibile e l’invisibile, la strada mi ha fatto da maestra».

Forse è anche un poeta, chissà.

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