L’international Premier adesso aiuta gli inglesi
Importare talento ha aiutato a crescere i giovani locali
MOSCA Stavolta c’è la concreta possibilità che gli inglesi ci abbiano fregato sul serio. O almeno: c’è il 25% di possibilità, visto che la Nazionale allenata da Gareth Southgate è una delle quattro semifinaliste del Mondiale russo. Ma è una possibilità che può arrivare al 43%, cioè la percentuale di calciatori di Belgio, Francia, Croazia e Inghilterra che gioca in club di Premier League. Tra i Diavoli Rossi di Martinez ce ne sono 11: i portieri Courtois (Chelsea) e Mignolet (Liverpool); i difensori Alderweireld e Vertonghen (Tottenham) più Kompany del City; i centrocampisti Chadli (West Bromwich), De Bruyne (City) e Fellaini (United). Infine gli attaccanti Batshuayi ed Eden Hazard (Chelsea) con Lukaku (United).
Meno nutrita la Legione di «expat» francesi: il portiere Lloris al Tottenham, il difensore Mendy al City, i centrocampisti Kanté (Chelsea) e Pogba (United) e il centravanti Giroud (Chelsea). Cinque in totale, mentre tra i croati figura solo il difensore Lovren del Liverpool.
E siamo a 17. Quindi, per arrivare a 40 su 91 (visto che la Croazia ha rispedito a casa Kalinic) ne mancano giusti giusti 23, cioè un’intera rosa. Quella dell’inghilterra. Ed eccola, la fregatura. Perché una delle nostre più ferree convinzioni era che la Premier League, in quanto campionato più ricco del mondo, si prendesse il meglio da qualsiasi Paese. Da un lato dando vita a un torneo sempre più pieno di stelle, quasi una Nba del calcio. Dall’altro, però, questo sistema aveva una forte controindicazione: danneggiava il movimento nazionale, perché lo spazio per i giocatori inglesi fatalmente si veniva a ridurre. La prova di tutto questo ragionamento era che l’inghilterra, dopo il Mondiale casalingo del 1966, non aveva vinto più niente.
E invece eccoli lì, in semifinale a Russia 2018. Con la rosa dall’età media più giovane (26 anni come Francia e Nigeria) giocando pure un bel calcio, più ispirato a Guardiola che non alla tradizione della Nazionale inglese. Merito di un c.t. che proviene dall’under 21 e che (anche) per questo da anni studia il movimento del suo Paese. Ma merito anche dell’elite Player Performance Plan, che nel 2011 ha rifondato dal nulla il sistema di ricerca e crescita del calcio giovanile. E guarda caso, l’inghilterra è campione del mondo in carica Under 20 e Under 17. Ulteriore coincidenza, la squadra inglese «più presente» ai quarti è il Tottenham (con 9 giocatori), dietro allo United (7) e al Liverpool (4). Tre squadre allenate da un argentino (Pochettino), un portoghese (Mourinho) e un tedesco (Klopp).
Insomma, mentre noi a casa (davanti alla tv) ci ripetiamo che l’italia non si è qualificata per i Mondiali perché ci sono troppi stranieri (e comunque i nostri allenatori italiani restano i più bravi del mondo), quella che s’è desta è l’inghilterra.
Melting pot
Il 43% dei semifinalisti gioca Oltremanica: i tre club più presenti guidati da tre tecnici stranieri