Corriere della Sera

L’internatio­nal Premier adesso aiuta gli inglesi

Importare talento ha aiutato a crescere i giovani locali

- Tommaso Pellizzari

MOSCA Stavolta c’è la concreta possibilit­à che gli inglesi ci abbiano fregato sul serio. O almeno: c’è il 25% di possibilit­à, visto che la Nazionale allenata da Gareth Southgate è una delle quattro semifinali­ste del Mondiale russo. Ma è una possibilit­à che può arrivare al 43%, cioè la percentual­e di calciatori di Belgio, Francia, Croazia e Inghilterr­a che gioca in club di Premier League. Tra i Diavoli Rossi di Martinez ce ne sono 11: i portieri Courtois (Chelsea) e Mignolet (Liverpool); i difensori Alderweire­ld e Vertonghen (Tottenham) più Kompany del City; i centrocamp­isti Chadli (West Bromwich), De Bruyne (City) e Fellaini (United). Infine gli attaccanti Batshuayi ed Eden Hazard (Chelsea) con Lukaku (United).

Meno nutrita la Legione di «expat» francesi: il portiere Lloris al Tottenham, il difensore Mendy al City, i centrocamp­isti Kanté (Chelsea) e Pogba (United) e il centravant­i Giroud (Chelsea). Cinque in totale, mentre tra i croati figura solo il difensore Lovren del Liverpool.

E siamo a 17. Quindi, per arrivare a 40 su 91 (visto che la Croazia ha rispedito a casa Kalinic) ne mancano giusti giusti 23, cioè un’intera rosa. Quella dell’inghilterr­a. Ed eccola, la fregatura. Perché una delle nostre più ferree convinzion­i era che la Premier League, in quanto campionato più ricco del mondo, si prendesse il meglio da qualsiasi Paese. Da un lato dando vita a un torneo sempre più pieno di stelle, quasi una Nba del calcio. Dall’altro, però, questo sistema aveva una forte controindi­cazione: danneggiav­a il movimento nazionale, perché lo spazio per i giocatori inglesi fatalmente si veniva a ridurre. La prova di tutto questo ragionamen­to era che l’inghilterr­a, dopo il Mondiale casalingo del 1966, non aveva vinto più niente.

E invece eccoli lì, in semifinale a Russia 2018. Con la rosa dall’età media più giovane (26 anni come Francia e Nigeria) giocando pure un bel calcio, più ispirato a Guardiola che non alla tradizione della Nazionale inglese. Merito di un c.t. che proviene dall’under 21 e che (anche) per questo da anni studia il movimento del suo Paese. Ma merito anche dell’elite Player Performanc­e Plan, che nel 2011 ha rifondato dal nulla il sistema di ricerca e crescita del calcio giovanile. E guarda caso, l’inghilterr­a è campione del mondo in carica Under 20 e Under 17. Ulteriore coincidenz­a, la squadra inglese «più presente» ai quarti è il Tottenham (con 9 giocatori), dietro allo United (7) e al Liverpool (4). Tre squadre allenate da un argentino (Pochettino), un portoghese (Mourinho) e un tedesco (Klopp).

Insomma, mentre noi a casa (davanti alla tv) ci ripetiamo che l’italia non si è qualificat­a per i Mondiali perché ci sono troppi stranieri (e comunque i nostri allenatori italiani restano i più bravi del mondo), quella che s’è desta è l’inghilterr­a.

Melting pot

Il 43% dei semifinali­sti gioca Oltremanic­a: i tre club più presenti guidati da tre tecnici stranieri

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(Lapresse) In Premier Il belga Batshuayi (Chelsea) e l’inglese Stones (Mancity)

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