«Gloria all’ucraina»: Vida fa tornare in campo la politica
Il difensore croato posta un video che fa imbufalire i russi, ma se la cava con un avvertimento della Fifa
MOSCA Da «il gol de la Vida» a «la Vida Loca» il passo è breve e il difensore croato Domagoj Vida ha rischiato grosso. Colpa del festeggiamento con Ognjen Vukojevic, suo ex compagno nella Dinamo Kiev, dopo la vittoria della Croazia contro la Russia (di Vida il gol del temporaneo 2-1 e uno dei 5 rigori finali) che ha aperto le porte della semifinale, mercoledì prossimo contro l’inghilterra.
Vida ha rischiato due giornate di squalifica e/o una multa fino a 5.000 franchi svizzeri (4.300 euro) per il filmato, finito sui social, in cui urla «Gloria all’ucraina!», mentre Vukojevic aggiunge: «Questa vittoria è per la Dinamo e per l’ucraina... Vai, Croazia!». Dopo aver esaminato il video, la Fifa ha deciso per un warning (ammonimento formale) che permetterà a Vida di giocare la semifinale.
La guerra «non dichiarata» tra Russia e Ucraina, prima in Crimea e ora nel Donbass, ha fatto dal 2014 più di 10.000 morti. Contattato dai media russi, Vida ha provato a ridimensionare il caso: «La politica e il calcio devono restare separati. Il mio era uno scherzo per i miei amici di Kiev. Voglio bene ai russi e agli ucraini». La Fifa non ha multato Vida, come aveva fatto con gli svizzeri/kosovari Xhaka e Shaqiri per l’esultanza con l’aquila bicefala, nella gara contro la Serbia, perché in quel caso il gesto era avvenuto dentro lo stadio e in questo non c’è la prova che Vida volesse pubblicare il filmato.
La tesi della distanza tra sport e politica nei Balcani, però, è difficile da sostenere. Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha detto apertamente di aver tifato Russia, mentre la presidentessa croata Kolinda Grabar-kitarovic ha dato spettacolo allo stadio di San Pietroburgo, vestita con la maglia biancorossa, dandosi a pazzi festeggiamenti con la squadra nel dopo partita.
Come ha scritto Dario Brentin, ricercatore dell’università di Graz, la tesi del primo presidente croato, Franjo Tudjman, era chiara: «Lo sport, dopo la guerra, è ciò che distingue le nazioni». I politici lo sanno bene. Questo, in modo solo apparentemente paradossale, ha portato molti ultrà croati di squadre di club a staccarsi dalla Nazionale per non essere confusi «con chi diventa tifoso per quattro settimane ogni due anni».