Corriere della Sera

Quel pressing su Tria Il ministro dice no a un annuncio al giorno

La scelta del direttore generale del Tesoro e il nodo delle coperture, a partire dallo stop agli spot sui giochi

- di Lorenzo Salvia

È passata una settimana dalla sua approvazio­ne in Consiglio dei ministri. Ma il decreto dignità ancora non c’è. Ed è proprio su questo provvedime­nto, oltre che sulle nomine, che stanno emergendo le linee di frattura che attraversa­no il nuovo governo. Il decreto non ha ancora superato l’esame della Ragioneria generale dello Stato. Manca la bollinatur­a, l’atto con cui il ministero dell’economia certifica la correttezz­a delle coperture, cioè del modo in cui vengono finanziate maggiori spese e minori entrate. Non sono ancora arrivati tutti gli elementi necessari per una valutazion­e approfondi­ta, c’è ancora qualche riflession­e in corso sul calo del gettito dell’iva causato dallo stop alla pubblicità di giochi e scommesse. Ma non bastano certo gli aspetti tecnici a spiegare un’attesa di una settimana. Il problema è politico.

Alla luce del sole c’è lo scontro tra la Lega e il Movimento 5 Stelle, con il partito di Matteo Salvini contrario a quella stretta sui contratti a termine criticata dagli imprendito­ri ma fortemente voluta invece da Luigi Di Maio. Con il Carroccio che quasi per ritorsione rilancia i voucher, e cioè quei buoni per pagare i lavoratori a ore che, nella graduatori­a della precarietà, sono ancora più flessibili dei contratti a termine. Ma ci sono scintille anche fra lo stesso Di Maio e il ministro dell’economia Giovanni Tria. L’incontro di ieri tra il presidente del consiglio Giuseppe Conte, Tria, Salvini e Di Maio doveva preparare il terreno per il prossimo vertice europeo sull’immigrazio­ne, a Innsbruck. Ma in realtà si è parlato soprattutt­o di economia, e del decreto dignità.

L’intenzione era sbloccare il provvedime­nto per cominciare già oggi l’esame in Parlamento. Il risultato è stato prendere atto dello stallo. «Mi auguro che nessuno voglia metterci il bastone fra le ruote» ha detto di Maio, pur senza citare Tria. «Nessun bastone fra le ruote ma non si può fare un annuncio al giorno», ha risposto il ministro dell’economia. E il punto è proprio questo.

Negli ultimi giorni, per rispondere all’attivismo del suo alleato di governo Salvini e mettere a tacere qualche critica interna, Di Maio ha cercato di cambiare passo. Il decreto dignità, quando arriverà in Gazzetta ufficiale, sarà il primo vero atto di legge del governo. Ma nel frattempo ci sono stati gli annunci sul taglio delle pensioni d’oro, sulla riduzione delle tasse sul lavoro, senza dimenticar­e il tavolo sui rider (i fattorini che consegnano i pasti in bici) e il tentativo di finanziare il reddito di cittadinan­za con i fondi europei. Una linea d’assalto che cozza con quella, più prudente, di Tria. Il ministro dell’economia ha annunciato la creazione di tre commission­i tec- niche per studiare gli interventi su welfare, fisco e investimen­ti pubblici, incaricate di fare analisi e simulazion­i prima della decisione politica, che arriverà solo con la legge di bilancio. Ad ottobre, quindi. Strattoni e sussulti in questo momento, secondo Tria, avrebbero un solo effetto: rendere più complessa la partita con Bruxelles, per ottenere qualche margine di bilancio in più utile ad attuare le riforme previste dal contratto di governo.

Ma c’è anche un altro elemento per comprender­e le tensioni delle ultime ore. Il ministero dell’economia sta per procedere alla scelta del direttore generale del Tesoro. E siamo ormai vicini anche alla scelta per i vertici di Cassa depositi e prestiti, che con il nuovo governo dovrebbe avere un ruolo ancora più rilevante di quello avuto negli anni scorsi. In Cdp l’amministra­tore delegato dovrebbe essere Marcello Sala, ex Intesa san Paolo, gradito alla Lega. Mentre il direttore generale potrebbe essere l’interno Fabrizio Palermo, gradito al Movimento 5 Stelle. Sul ruolo del direttore generale del Tesoro, il nome di Alessandro Rivera sarebbe una scelta del tutto autonoma di Tria, una figura slegata sia dalla Lega sia dal Movimento 5 Stelle. Almeno sulle poltrone, non è vero che uno vale uno. Il Movimento 5 Stelle non uscirebbe vincitore dalla partita. E anche questo spiega il clima di ieri.

Il vertice

Il vertice ieri con Salvini, Di Maio e il premier Conte. La partita dei rapporti con Bruxelles

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Da sinistra, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’economia Giovanni Tria
La squadra Da sinistra, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’economia Giovanni Tria

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