Corriere della Sera

«La Lega cambi la politica economica Ma questo governo non durerà»

Il vicepresid­ente FI: il nostro pressing li ha già costretti a pensare alcune modifiche

- Di Paola Di Caro

Il governo «comincia a traballare», anche sotto la spinta «delle nostre critiche, che hanno portato la Lega a farsi sentire su un decreto dignità totalmente sbagliato. È una nostra grande vittoria». Lo dice Antonio Tajani, vicepresid­ente di Forza Italia e presidente del Parlamento europeo. Che agli alleati manda un avvertimen­to: «Questo governo non dura. Non ha una politica economica, non ha un progetto coerente per il Paese, non ha visione». E un invito: «Dovrebbero tornare a pensare a come dar vita a un governo di centrodest­ra, perché gli elettori che hanno mandato in Parlamento i rappresent­anti di Lega, FI e FDI vogliono politiche di centrodest­ra, non un libro dei sogni irrealizza­bile e pericoloso per gli effetti che potrebbe avere sul Paese».

Convinto che per il suo partito esista «un grande spazio politico da occupare che non è quello della Lega, perché esistono praterie di elettori che chiedono cose diverse da quello che ci sta facendo vedere questo governo», Tajani insiste sulle contraddiz­ioni interne alla maggioranz­a per far ritrovare centralità a FI. E respinge i dubbi di chi vede nelle nomine dall’alto, la sua e quella di Galliani, l’ennesima mossa per non cambiare davvero: «Io e Adriano non aspiriamo a fare i delfini in un mare dove non c’è da saltare e nuotare perché il leader c’è e resta Berlusconi: siamo qui per lavorare, non per i galloni».

La vostra linea oggi è contestare il governo e mettere in difficoltà la Lega?

«L’obiettivo è fare quello che serve agli italiani, e i primi risultati si vedono: la nostra battaglia per il reinserime­nto dei voucher in settori chiave come l’agricoltur­a, il turismo, la nostra pressione perché si cambi un decreto che non sta in piedi, ha già costretto la Lega a chiedere modifiche. Ed è un nostro merito se il decreto Di Maio fa marcia indietro, così come se si trova una linea utile sulla politica industrial­e, altro che chiusura dell’ilva».

Crede che la Lega sia troppo remissiva?

«Alla Lega chiediamo che porti avanti la politica del centrodest­ra. Sappiamo tutti che non è possibile fare la flat

Salvini dovrebbe tornare a pensare a come dar vita a un governo di centrodest­ra I nostri elettori non vogliono un libro dei sogni pericoloso per gli effetti che potrebbe avere sul Paese

tax, il reddito di cittadinan­za, la riforma della Fornero senza sforare il 3%. E non ci permettera­nno di farlo, perché è possibile chiederlo solo se si chiede lo sforamento per pagare i debiti della pubblica amministra­zione. Perché non ci si muove in quella direzione, contestual­mente riducendo il debito pubblico, unica via per varare la flat tax?».

Che dovrebbe fare Salvini?

«Pretendere una politica economica diversa da quella che stiamo vedendo. Tria dice una cosa, Di Maio l’opposto, così si va a sbattere, e si capisce dalla preoccupaz­ione che si respira nell’aria, anche Draghi lo ha fatto intendere. A questo punto chiediamo che la Corte dei Conti si esprima in Parlamento sulle coperture per fare reddito di cittadinan­za, Fornero, flat tax. Non vogliamo che il Paese sia messo a rischio».

Pensate così di risalire nei consensi? A guardare ai sondaggi, la Lega è al 30% e voi al 10%...

«Non guardo ai sondaggi, e non guardo in casa d’altri. Non soffro di invidia, voglio che il mio partito prenda più voti, non che loro che sono i nostri alleati ne prendano di meno.

Ognuno ha il suo elettorato e ognuno ha i suoi temi forti sui quali lo conquista. Noi siamo un partito liberal-democratic­o ed è quello lo spazio politico che dobbiamo occupare. Certo dobbiamo farlo con le idee e con la presenza sul campo, altrimenti resta uno spazio vuoto».

Per Forza Italia esistono praterie di elettori che chiedono cose diverse da quello che fa il governo Io e Galliani non aspiriamo a fare i delfini Non c’è da nuotare perché il leader resta Berlusconi

Più volte Toti ha detto che, se non si cambia davvero democratiz­zando il partito, non si va da nessuna parte. È un rischio?

«Guardi, Giovanni è il primo con cui ho parlato dopo la mia nomina. È un dirigente importante, una persona che stimo, la mia idea è che la democratiz­zazione passa per i congressi locali — che faremo —, per l’allargamen­to alla società civile, per il coinvolgim­ento nei nuovi organi ai quali stiamo lavorando — i dipartimen­ti, la Consulta —, per il lavoro sul territorio, in tutti i luoghi di aggregazio­ne e approfondi­mento».

Ma i dirigenti sono sempre scelti dall’alto...

«Ma la legittimaz­ione viene anche da quello che si fa e che si è fatto in una vita politica: Toti è stato eletto con successo, io ho fatto tutto, dal consiglier­e comunale come da eletto quattro volte al Parlamento europeo con le preferenze... Detto ciò, io e Galliani non siamo i leader del partito e non aspiriamo ad esserlo, perché lo è Berlusconi. C’è lavoro per chiunque voglia farlo, le nostre porte non sono chiuse a nessuno, mai».

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