D’ANNUNZIO, MONTANELLI E «LA TESTA CALVA DEL POETA»
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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere Caro Aldo, mi spiace che sia passato sotto silenzio l’ottantesimo anniversario della morte di Gabriele D’annunzio. Ho l’impressione che quando si evoca la sua figura la penna dell’estensore sia tuttora tremebonda. Diede inizio un redattore, a fine aprile 1945, nel plaudire la tempestività per aver depennato la triplice denominazione di D’annunzio, Carnaro e Fiume, in cui era articolata l’attuale piazza della Repubblica di Milano. Fece seguito, nella medesima rubrica da lei ora curata, l’irrisione del toscano Indro Montanelli verso il Vate, che aveva compiuto una «passeggiata» verso Buccari e che non aveva compiuto sino al cielo di Vienna lo storico volo del 9 agosto 1918... Caro Emanuele,
P arlando di D’annunzio credo sia giusto distinguere il personaggio dallo scrittore. Leggerlo è cosa buona e giusta: è stato un poeta e romanziere importante per la letteratura italiana. Un giorno all’hotel Lux il giovane Giancarlo Pajetta entrò nella stanza di Togliatti, e lo trovò che stirava una camicia leggendo le Odi. Di fronte al suo stupore, il segretario generale lo rimbrottò: «Non le hai lette? Fallo. Se non le hai lette per pregiudizio ideologico, hai sbagliato». Ma dal punto di vista politico D’annunzio ha fatto all’italia più male che bene. Ebbe un ruolo molto importante nel trascinare il nostro Paese nel macello della prima guerra mondiale. Volle anche combatterla, alla sua maniera: siccome non si riusciva ad arrivare a Trieste, si fece dare un comando di truppe per passare le linee e prendere il castello di Duino in modo da far almeno vedere il tricolore ai triestini da lontano. Ma da Duino a Trieste ci sono quasi venti chilometri, e se anche l’impresa fosse riuscita i triestini non si sarebbero accorti di nulla. Però non poteva riuscire: i fanti vennero falciati dalle mitragliatrici; e il Vate, al sicuro sulla sponda italiana del Timavo, ordinò alla nostra artiglieria di bersagliare i pochi superstiti che si arrendevano. Gli artiglieri lo mandarono a quel paese.
Ps. Il giovane Montanelli accompagnò una nobildonna a trovare D’annunzio al Vittoriale. Attesero un’ora, poi si intravide una figura passare dietro un separé, e una voce cavernosa proclamare: «Beati voi che vedeste la testa calva del poeta». L’udienza era finita.