Corriere della Sera

In 450 su un barcone a Lampedusa Salvini: non può e non deve arrivare

Nuovo caso dopo la Diciotti. Il ministro: non sbarcano. E attacca «Malta, scafisti e buonisti»

- DALLA NOSTRA INVIATA Virginia Piccolillo

TRAPANI Non erano ancora terminati gli interrogat­ori ai migranti sbarcati dalla Diciotti, quando un nuovo barcone con 450 profughi, salpato da Zuara, ha fatto rotta verso l’italia. A nulla è servito l’altolà di Matteo Salvini twittato mentre il pescherecc­io era ancora a largo di La Valletta: «Sappiano Malta, gli scafisti e i buonisti di tutta Italia e di tutto il mondo che questo barcone in un porto italiano NON PUÒ e NON DEVE arrivare». Posizione cui si associa il ministro delle Infrastrut­ture, Danilo Toninelli: «Malta faccia subito il suo dovere, aprano il loro porto». E la Farnesina con una lettera all’ambasciata maltese a Roma.

A sera, il barcone a due piani, partito da Zuara era giá a 5 miglia da Linosa. E due motovedett­e, una della Guardia Costiera e l’altra della Guardia di Finanza, seguivano da vicino l’imbarcazio­ne con l’ordine di vigilare senza intervenir­e. Mentre il governo di Malta giustifica­va, in un tweet del portavoce ritwittato dal premier Joseph Muscat, il mancato intervento con il desiderio dei profughi: «Contattate, le persone a bordo hanno detto che volevano procedere verso Lampedusa». E apriva la disputa sulla competenza: «Il Centro di coordiname­nto dei soccorsi di Roma ha notificato al centro soccorsi di Malta la presenza del pescherecc­io quando la nave era a circa 53 miglia da Lampedusa e a 110 da Malta».

Si è subito temuto l’inizio di un nuovo braccio di ferro. Nel giorno in cui un veliero, provenient­e dalla Turchia, portava altri 75 clandestin­i, sbarcati in serata a Crotone. Fino a notte si è valutato cosa fare. Se trasbordar­li su una nave sicura, farli attraccare e poi smistarli nelle strutture siciliane oppure no.

Intanto sono ancora forti gli echi, politici e giudiziari, dello «scontro» Quirina leviminale sui migranti soccorsi dal mercantile Vos Thalassa a largo della Libia e affidati alla Guardia Costiera dopo che il tentativo di riportarli indietro aveva fatto temere all’equipaggio per la propria incolumità. La squadra mobile di Trapani ha interrogat­o per tutto il giorno i migranti, giunti nell’hotspot, per capire le responsabi­lità di Ibrahim Bushara, sudanese, e Hamid Ibrahim, ghanese, indagati per violenza privata continuata e aggravata.

E dalle prime indiscrezi­oni, sarebbe stato ricostruit­o più o meno così. Ibrahim, che aveva il gps, avrebbe avvertito gli altri della rotta verso la libia. Le rimostranz­e sarebbero arrivate al contatto fisico. Un membro dell’equipaggio sarebbe stato circondato. Qualche spintone. Uno dei due indagati avrebbe mimato il gesto di tagliare la gola. Un tafferugli­o che potrebbe far riformular­e l’ipotesi di minaccia a pubblico ufficiale, con l’eventuale richiesta di fermo (le famose «manette» auspicate da Salvini) già scartata dal procurator­e di Trapani, Alfredo Morvillo.

Al vaglio anche l’accusa di scafismo per due persone, uno degli indagati e un altro migrante, che si sono alternati alla guida, come risultereb­be da foto nei telefonini.

d Il premier maltese Il Centro di coordiname­nto di Roma ha notificato la presenza del pescherecc­io quando la nave era a 53 miglia da Lampedusa e a 110 da Malta Joseph Muscat

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