Corriere della Sera

La spinta del Colle perché il governo riesca a parlare con una voce sola

- Di Marzio Breda

Il premier Conte aveva tentato di farlo capire, nell’ultimo vertice di governo: «Sull’immigrazio­ne serve una linea di condotta generale, altrimenti ogni nave in arrivo creerà un’emergenza». L’avvertimen­to ai partner di governo, divisi sulla questione più critica di questi mesi, era caduto nel vuoto. Lo si è visto giovedì, quando si è materializ­zata una prova di forza che, se non fosse intervenut­o Sergio Mattarella, avrebbe potuto degenerare in un incidente serio. Un conflitto tra corpi, e poteri, dello Stato, con Lega e 5 Stelle attestati finora su logiche diverse e, sullo sfondo, Salvini pronto a un braccio di ferro con la magistratu­ra.

Con questa prospettiv­a e nel vuoto di decisioni risolutive, è maturata la telefonata del Quirinale a Palazzo Chigi che ha sbloccato lo sbarco di 67 migranti della nave Diciotti, a Trapani. Notizia che avrebbe dovuto restare coperta dal riserbo, come tutte le iniziative presidenzi­ali. Secondo voci parlamenta­ri sarebbe stata fatta trapelare dal Viminale, dove ha forse fatto comodo attribuire a qualcun altro che non fosse il leader leghista la scelta di come uscire dallo stallo.

Di sicuro c’è che lo scontro quasi epocale evocato ieri da più parti, con titoli su «lo schiaffo di Mattarella e la vensalvini, detta di Salvini» (per il suo «io non mollo, anzi»), viene descritto dal Colle come infondato. Ovvio che lo si dipinga così, in un palazzo dove si cerca sempre di spegnere le fiamme prima che diventino incendi. Sarebbe, insomma, un riflesso più mediatico che politico. Una faccenda da derubricar­e al rango di collaboraz­ione tra istituzion­i, moral suasion, senza troppe dietrologi­e. Tesi di «non interferen­za» cui si sono adeguati i diretti interessat­i. Lo stesso ministro dell’interno, che, dopo aver in un primo momento espresso «stupore» per la mossa presidenzi­ale, nega strappi e si dice «disponibil­e» a offrire «informazio­ni» al capo dello Stato (con il quale peraltro ha rapporti «nei binari corretti»). E anche Luigi Di Maio, che gioca di sponda con il Quirinale e auspica «rispetto» per il suo inquilino.

Certo, non manca chi, da sinistra, mira ad alzare la tensione e propone la sfiducia per

ma queste schermagli­e rientrano nell’eterno sogno di ogni opposizion­e: reclutare dalla propria parte il presidente. E non manca, ancora, chi parla di metamorfos­i di Mattarella in chiave decisionis­ta, senza ricordare che esistono almeno un paio di precedenti «forti» a smentirlo: 1) quando, dopo la bocciatura al referendum costituzio­nale, Renzi voleva andare subito al voto e il capo dello Stato glielo negò, dando fiato a Gentiloni; 2) quando impose la conferma di Visco a Bankitalia, nonostante le smanie renziane di cacciarlo.

Il presidente ha dunque risolto senza mediazioni la contesa sulla nave Diciotti, dalla quale Salvini avrebbe preteso di veder scendere «in manette» i due africani sospettati di minacce e ammutiname­nto, con ciò scivolando verso una collisione con la magistratu­ra, che deve poter sempre agire in piena autonomia. Ma già un’altra nave, con 450 persone a bordo, sta facendo rotta sull’italia. Che succederà? Un tweet di Salvini promette pugno duro: «Questo barcone in un porto italiano non può e non deve arrivare». Se si riproporrà il dilemma di giovedì a Trapani, che farà Mattarella? Stavolta non interverrà, dicono sul Colle. Non spetta a lui scegliere quale nave può attraccare e quale no: la politica sui migranti compete al governo.

Le motivazion­i L’intervento di Mattarella maturato nel vuoto di decisioni

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