Corriere della Sera

L’ideologia sovranista che fa breccia nel Movimento

- di Pierluigi Battista

Per la prima volta il leader di un movimento che ama definirsi postideolo­gico si mette sotto l’ombrello di una nuova ideologia, un’ideologia nata proprio nell’epoca della tanto decantata post-ideologia: il «sovranismo». Luigi Di Maio ha rivendicat­o la parola impronunci­abile, «sano sovranismo», davanti ai coltivator­i diretti, che se non sono fanatici sovranisti ideologici, lo sono con una certa veemenza dal punto di vista della sovranità dei loro prodotti agricoli, minacciati dalla globalizza­zione. Il «sovranismo» è un tema caro alla Lega di Salvini, e si collega a quello del Fronte francese della Le Pen, influenzan­do anche la deriva protezioni­stica del trumpismo devoto all’«america first». Il Movimento 5 Stelle se n’era sinora tenuto lontano. Né destra, né sinistra, amavano dire di sé i seguaci di Beppe Grillo. Niente bandiere ideologich­e che sanno di Novecento, niente rigidità dogmatiche, niente manifesti che ingabbiano il Movimento in un senso di appartenen­za oramai antiquato. Ma ora qualcosa sta cambiando per effetto dell’alleanza con Matteo Salvini. Il sovranismo è una carta d’identità ideologica che oramai definisce un’area politica, un linguaggio, uno stile comunicati­vo addirittur­a.

Lo scetticism­o dei 5 Stelle nei confronti dell’euro si è sempre tenuto lontano da una rappresent­azione molto ideologizz­ata del rapporto con l’europa che è tipica del sovranismo. Il sovranismo esprime una protesta contro la cessione di sovranità nazionale a favore di istituzion­i sovranazio­nali che, a suo dire, non farebbero gli interessi dei singoli popoli espropriat­i di una parte consistent­e dell’autonomia democratic­a delle Nazioni, bensì gli interessi della grande finanza, delle banche, dell’economia sorretta da un’euro burocrazia gelida e priva di ogni senso della Patria. La trasformaz­ione del leghismo salviniano dal separatism­o nordista di Bossi all’attuale diffusione nazionalis­ta lungo tutto il territorio italiano, compreso il Sud un tempo deprecato, fa tutt’uno con la torsione sovranista del discorso politico. I Cinque Stelle hanno sinora controvogl­ia, ma senza grande fervore difensivo, accettato obtorto collo la definizion­e di «populisti», locuzione così generica, imprecisa e vuota, da non suscitare particolar­i reazioni in chi viene bersagliat­o da quella definizion­e. Sovranismo è molto diverso: non è termine generico, o impreciso, e inoltre viene rivendicat­o come tale dal fronte che si riconosce nel suo lessico e nelle sue scelte ideologich­e. La menzione che ne fa Di Maio è dunque la testimonia­nza di quanto un’alleanza politica tra diversi, come è il governo attuale scaturito infatti dalla sigla di un «contratto» tra due contraenti diversi, possa impercetti­bilmente ma inesorabil­mente trasformar­si in contiguità ideologica, in somiglianz­a lessicale, in affinità culturale in senso lato. E magari è solo una battuta, detta tanto per compiacere un uditorio in cui il «sovranismo» è tutt’altro che una parolaccia, ma è una battuta che rivela la fine di un’ostilità, l’abbassarsi di una barriera di divisione con gli alleati della Lega. I Cinque Stelle sovranisti sono una novità. La rinascita delle ideologie invece no.

Le affinità con la Lega Né destra, né sinistra, amavano dire di sé i seguaci di Grillo, ma ora qualcosa sta cambiando per l’alleanza con Matteo Salvini

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