L’ideologia sovranista che fa breccia nel Movimento
Per la prima volta il leader di un movimento che ama definirsi postideologico si mette sotto l’ombrello di una nuova ideologia, un’ideologia nata proprio nell’epoca della tanto decantata post-ideologia: il «sovranismo». Luigi Di Maio ha rivendicato la parola impronunciabile, «sano sovranismo», davanti ai coltivatori diretti, che se non sono fanatici sovranisti ideologici, lo sono con una certa veemenza dal punto di vista della sovranità dei loro prodotti agricoli, minacciati dalla globalizzazione. Il «sovranismo» è un tema caro alla Lega di Salvini, e si collega a quello del Fronte francese della Le Pen, influenzando anche la deriva protezionistica del trumpismo devoto all’«america first». Il Movimento 5 Stelle se n’era sinora tenuto lontano. Né destra, né sinistra, amavano dire di sé i seguaci di Beppe Grillo. Niente bandiere ideologiche che sanno di Novecento, niente rigidità dogmatiche, niente manifesti che ingabbiano il Movimento in un senso di appartenenza oramai antiquato. Ma ora qualcosa sta cambiando per effetto dell’alleanza con Matteo Salvini. Il sovranismo è una carta d’identità ideologica che oramai definisce un’area politica, un linguaggio, uno stile comunicativo addirittura.
Lo scetticismo dei 5 Stelle nei confronti dell’euro si è sempre tenuto lontano da una rappresentazione molto ideologizzata del rapporto con l’europa che è tipica del sovranismo. Il sovranismo esprime una protesta contro la cessione di sovranità nazionale a favore di istituzioni sovranazionali che, a suo dire, non farebbero gli interessi dei singoli popoli espropriati di una parte consistente dell’autonomia democratica delle Nazioni, bensì gli interessi della grande finanza, delle banche, dell’economia sorretta da un’euro burocrazia gelida e priva di ogni senso della Patria. La trasformazione del leghismo salviniano dal separatismo nordista di Bossi all’attuale diffusione nazionalista lungo tutto il territorio italiano, compreso il Sud un tempo deprecato, fa tutt’uno con la torsione sovranista del discorso politico. I Cinque Stelle hanno sinora controvoglia, ma senza grande fervore difensivo, accettato obtorto collo la definizione di «populisti», locuzione così generica, imprecisa e vuota, da non suscitare particolari reazioni in chi viene bersagliato da quella definizione. Sovranismo è molto diverso: non è termine generico, o impreciso, e inoltre viene rivendicato come tale dal fronte che si riconosce nel suo lessico e nelle sue scelte ideologiche. La menzione che ne fa Di Maio è dunque la testimonianza di quanto un’alleanza politica tra diversi, come è il governo attuale scaturito infatti dalla sigla di un «contratto» tra due contraenti diversi, possa impercettibilmente ma inesorabilmente trasformarsi in contiguità ideologica, in somiglianza lessicale, in affinità culturale in senso lato. E magari è solo una battuta, detta tanto per compiacere un uditorio in cui il «sovranismo» è tutt’altro che una parolaccia, ma è una battuta che rivela la fine di un’ostilità, l’abbassarsi di una barriera di divisione con gli alleati della Lega. I Cinque Stelle sovranisti sono una novità. La rinascita delle ideologie invece no.
Le affinità con la Lega Né destra, né sinistra, amavano dire di sé i seguaci di Grillo, ma ora qualcosa sta cambiando per l’alleanza con Matteo Salvini