«Il made in Italy vive di export, il governo guardi i numeri»
«Il dibattito politico non mi interessa, io voglio solo parlare di numeri». Licia Mattioli, 51 anni, torinese, è la vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione. La posizione degli industriali sul Ceta, l’accordo di libero scambio tra Canada e Ue, è stata chiara fin dall’inizio: l’intesa s’ha da fare.
Come vuole, partiamo dai numeri. È davvero certa che sostengano la bontà dell’accordo?
«Su questo non ci sono dubbi. Nei sei mesi di applicazione provvisoria il nostro export verso il Canada è aumentato del 11%. Nello stesso periodo anche le importazioni sono cresciute. Ma di meno. Dell’8%, per la precisione. È evidente che il Ceta in questo momento sta avvantaggiando il nostro Paese».
Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha parlato chiaro: la maggioranza al governo non ratificherà l’accordo.
«Preoccupante. Anche perché sappiamo tutti che al momento il Ceta è stato ratificato da 11 assemblee parlamentari. Ma ne basta una per fare saltare tutto. Spero che non sia l’italia a caricarsi di questa responsabilità».
Liberalizzare gli scambi con il Canada è così importante?
«L’export verso il Canada nel 2017 è risultato pari a 3,9 miliardi contro 1,5 di import. Un Paese come il nostro che vive di esportazioni non può che avere vantaggi da intese che liberalizzano gli scambi».
L’alimentare rischia di essere penalizzato?
Basta il no di un Paese a far saltare il Ceta e spero che non sia l’italia a prendersi questa responsabilità
L’aumento In sei mesi l’export verso il Canada è salito del 12% e del 15% per i prodotti alimentari
«Per il settore agroalimentare italiano l’export è aumentato del 11% grazie al Ceta. L’automotive addirittura del 31%. Se questo è essere penalizzati... Faccio notare che l’anno scorso in media l’export italiano è aumentato , sì, ma molto meno: del 7,4%».
Le associazioni degli agricoltori denunciano un boom dell’italian sounding canadese.
«Non capisco questo allarme. Il Ceta è positivo anche perché riconosce le origini geografiche dei prodotti».
Se Coldiretti e, con diverse sfumature, le altre associazioni degli agricoltori, sono
contrarie al Ceta una ragione ci sarà.
«Guardi, può essere che qualche nicchia di produttori abbia uno svantaggio. E questo può riguardare anche un determinato settore dell’industria. Ma se un accordo nel suo insieme è positivo per il Paese, allora non ci sono dubbi: va portato avanti».
Appelli al ministro Di Maio?
«Solo uno: basi la sua scelta sui numeri e il bene dell’italia. Soprattutto ora che le stime di crescita del Pil per il 2018 sono state riviste al ribasso».