Crescere con la moda mare «I costumi? Non più accessori ma capi da portare sempre» Oroblù e le tendenze 2019
La moda mare guarda agli anni Cinquanta e Settanta. Il bikini cambia forma e lascia il minimalismo per guadagnare spazio fin sopra l’ombelico e marcare la silhouette con colori mediterranei: viola, verde, un tocco di giallo per dare risalto al blu e all’indaco, il bianco in tinta unita. Via i colori neon visti nelle passate stagioni per affidarsi a tonalità più tenui ed eleganti. Unique, salone della lingerie e dei costumi da bagno di Parigi. Oroblù sceglie la fiera dal sapore extraeuropeo (presenti aziende da Australia, Colombia, Usa, Brasile) per presentare la propria collezione mare 2019. In passerella sedici proposte selezionate tra oltre cento capi, e per l’azienda mantovana del gruppo CSP (ne fanno parte i marchi Luna di seta, Perofil, Sanpellegrino, Lepel, Liberti, Cagi, Le Bourget e Well) si apre una nuova era. «Da trenta anni Oroblù propone legwear e bodywear intimo. Adesso guardiamo alla moda mare come un nuovo territorio in cui portare la nostra identità: capi di alta gamma riconoscibili per eleganza e qualità», dice Carlo Bertoni, ad dell’azienda fondata dalla sua famiglia nel 1973 e oggi quotata in Borsa.
La collezione è firmata per la prima volta da Margherita Mazzei, designer con venticinque anni di esperienza nel settore. Per Beachwear Oroblù ha guardato fuori dalla finestra, nella sua Napoli vivace e civettuola. E sporgendosi un pochino più in là, ha preso in prestito la tavolozza di un mare che non divide, ma unisce. Il viola delle stampe fiorate di Positano diventa il glicine di Lovely Provence, l’oro sbarra la strada al fucsia e al nero nella ciniglia lucida e leggerissima delle stampe similtribali di Desert Soul, mentre il tramonto di Greek Sunset è sì minimalista, ma per dare spazio a costumi dai tagli ricercati. Per ciascun tema kaftani, abiti, parei. «Ho concepito il costume cored me un capo di abbigliamento — dice Mazzei —. Non un accessorio, ma un elemento da indossare anche fuori dalla spiaggia, persino la sera».
«Il beachwear di Oroblù gode del knowhow del nostro intimo senza esserlo — dice il direttore Marketing & Sales, Pietro Monopoli — ed estende il concetto di cosmesi femminile nato con le linee di calze origine del successo dell’azienda che ha chiuso il 2017 con un fatturato di 127 milioni di cui il 76,3% generato dal mercato estero».
In passerella, intanto, la moda detta il suo trend e il bikini diventa «casto»: lo slip si alza sui fianchi fino al limite del punto vita, il reggiseno si trasforma in un crop top. Un due pezzi da pin up insomma che valorizza le donne con un fisico a clessidra. Gusto retrò? «Non proprio — dice Mazzei —. Dalla moda del passato abbiamo preso l’aspetto più importante, la vestibilità, rielaborandola in chiave moderna con stringhe, lavorazioni e accessori, per valorizzare la silhouette conferendo uno standard di femminilità molto alto. I reggiseni sono stati studiati per chi ha esigenze specifiche, come un seno abbondante o cadente, ma non vuole rinunciare all’estetica. Il bikini è stato portato alla sua massima enfatizzazione, diventando un oggetto di desiderio che non può mancare dal guardaroba».
Svantaggiate le meno formose e le native digitali minimaliste? «Per loro entra in gioco il crop top pensato per un pubblico under 30 che ama abbinare il bikini a camicie e giacche».
Non c’è bikini senza spiaggia e mare, malato di plastica, malato di rifiuti. Sostenibilità è la parola entrata a far parte del vocabolario delle aziende di beachwear schierate a difesa del pianeta.
Se il brand brasiliano Serpentina Bikini intende piantare un albero in una zona deforestificata per ogni costume venduto, la spagnola Baelle sceglie per i suoi prodotti cotone e seta. Guardano ai materiali di scarto come fonte di approvvigionamento l’italiana Repainted e l’austriaca Margaret & Hermione, che per i propri capi scelgono filati ottenuti da reti da pesca usate. Mey, invece, usa il cotone «pima» della regione di Piura in Perù, famoso come «la seta delle Ande» e coltivato da quattro mila anni per una sostenibilità che va di pari passo con la storia.