Negozi, allarme sulle chiusure festive «a rischio migliaia di posti di lavoro»
Le imprese si mobilitano: il governo ci convochi, lo stop alle vendite online
ROMA Se sul mancato shopping a Natale e a Capodanno sarebbero disposti anche a chiudere un occhio, è sul divieto domenicale che si scatena la rivolta di imprese e commercianti. L’idea del governo di rivedere la liberalizzazione delle aperture dei negozi stabilita nel 2011 dal decreto Salva Italia, e l’obbligo di un limite massimo di 12 festivi aperti, allarma tutte le associazioni di categoria preoccupate di forti ricadute su ricavi e occupazione. Da tutte le parti viene richiesto un confronto con il ministro del Lavoro Luigi Di Maio per trovare una soluzione condivisa che venga incontro a tutti, commercianti, lavoratori e consumatori. Secondo Federdistribuzione (centri commerciali, grandi e piccoli supermercati) sono 12 milioni le persone in Italia che comprano di domenica, «fa parte delle abitudini ormai, tornare indietro sarebbe un danno per tutti, in una fase tra l’altro in cui l’ecommerce cresce a doppia cifra e le vendite al dettaglio sono in calo (-0,2% nei primi sei mesi del 2018, secondo Istat)».
Il modello cui la proposta di legge firmata dal deputato M5S Davide Crippa (nel frattempo diventato sottosegretario allo Sviluppo economico) fa riferimento è Modena, dove dal 2015 Comune e commercianti hanno adottato un Codice comportamentale che prevede chiusure nelle festività e turni a rotazione nelle domeniche. Ma con la domenica chiusa, spiega Mario Resca, presidente di Confimprese (catene in franchising), «le aziende saranno costrette a licenziare e l’intero comparto perderebbe il 10% del fatturato: in 400 mila rischierebbero il posto di lavoro».
Confcommercio è meno pessimista. Enrico Postacchini, delegato per le Politiche del commercio dell’associazione,
d Resca, Confimprese: con le chiusure domenicali l’intero settore perderebbe il 10 per cento del fatturato e 400 mila rischierebbero il posto
Postacchini
Confcommercio: dopo anni di deregolamentazione totale, siamo favorevoli a una reintroduzione di una regolamentazione minima
giudica «positivamente» l’iniziativa del governo: «Dopo tanti anni di deregolamentazione totale, siamo favorevoli a una reintroduzione di una regolamentazione minima, quindi sì al ridare la competenza a Regioni e Comuni e sì alla deroga per i centri turistici». Ma «sulle domeniche siamo più laici, ci sono in gioco migliaia di posti di lavoro e bisogna ragionare bene, noi siamo disponibili a una soluzione condivisa». E anche Coop chiede un tavolo di confronto al governo cui ha già inviato due lettere per un incontro per chiedere una revisione della legislazione nazionale sulle aperture, «serve un nuovo equilibrio tra le esigenze dei consumatori e quelle dei lavoratori». Mentre l’associazione nazionale cooperative dettaglianti (Ancd/conad) esprime «netta contrarietà all’ipotesi della riforma, sarebbe un passo indietro».
Per tutti comunque il punto di riferimento resta il ddl del grillino Dell’orco approvato alla Camera nel 2014 e bloccato al Senato: fissa a 12 le festività annuali, di cui 6 chiusure obbligatorie a scelta dell’imprenditore. La nuova riforma, prevede «un massimo annuo di 12 giorni di apertura festiva per ciascun esercizio commerciale».