Corriere della Sera

Una squadra internazio­nale contro una bella e antica

- di Mario Sconcerti

La Croazia è la squadra più internazio­nale che ci sia al Mondiale. Cosa significa essere internazio­nali? Significa saper regger l’ultimo scalino di talento, saper pensare come pensano avversari che non vengono dal tuo Paese, avere un visione larga del mondo. I croati sono pochi, o sono per natura internazio­nali, tutti i croati, o avranno molte difficoltà a inserirsi. Il problema italiano attuale è che siamo soltanto italiani. Siamo tanti, 60 milioni, pensiamo di non aver bisogno di parlare un’altra lingua, di conoscere altri modi di giocare a calcio, ci sentiamo autosuffic­ienti. Per questo non cresciamo. Il problema di Balotelli è che a suo modo è provincial­e, ma anche quello di Immobile, mai andato bene né all’estero né in Nazionale, di Candreva, di Brozovic, forse al suo livello di Messi, di tantissimi altri. Cinquant’anni fa il Torino di Radice aveva un attaccante formidabil­e, Paolo Pulici, velocissim­o e potente, vinse tre volte la classifica cannonieri. Ma in Nazionale steccava sempre. È quella la differenza. Naturalmen­te esistono gli opposti. Erano solo internazio­nali Maldini e Batistuta, era universale Gattuso, era il dio del mondo Platini. Era viscerale e di partito Maradona, ma il suo calcio lo prescindev­a, era dove andava lui. La Francia non è una squadra esatta, modernissi­ma. È una squadra bella e un po’ antica con due-tre fuoriclass­e. Ma non ha un grande terzino, oggi il primo giocatore su cui si fonda un team vincente; ha tre mediani eccezional­i in mezzo al campo, ma per la fantasia dipende solo da Griezmann e da quella quasi eccessiva di Mbappé. La Francia è più forte della Croazia, ma ha meno bisogno del mondo, si basta, non deve essere accettata. Forse la squadra ideale e anche la più internazio­nale sarebbe una Francia con Vrsaljko terzino più Rakitic e Modric al posto di Matuidi e Pogba, ai due lati di Kanté. Come prima riserva non Perisic, un giocoliere, ma Rebic, l’autentico giocatore mai bravissimo ma sempre di tutti. Il giocatore che rende di più perché coniuga il mondo con se stesso.

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