Trump sceglie l’asse con Putin
Faccia a faccia di due ore a Helsinki, accuse comuni all’fbi. Critico il repubblicano Ryan: non è nostro alleato Il presidente Usa: il Russiagate una farsa. E chiude il lungo scontro con il leader di Mosca
Trump e Putin insieme a Helsinki. Insieme anche nel puntare il dito contro l’fbi. «Il Russiagate è una farsa. Nessun intrigo o collusione nel voto» taglia corto il presidente americano. Ma i repubblicani frenano: «La Russia non è un nostro alleato». Conciliante lo zar di Mosca: «Archiviamo la guerra fredda». Era la prima volta che i due leader si vedevano in via ufficiale da quando The Donald ha conquistato la Casa Bianca, diciotto mesi fa. Il colloquio, accompagnati dai soli rispettivi traduttori, è andato avanti per 40 minuti oltre il previsto. «Credo sia un buon inizio, un inizio molto buono» ha detto Trump.
L’inchiesta del Super procuratore Robert Mueller «è un disastro per il nostro Paese». Vladimir Putin dirà parole simili, ma questa frase è di Donald Trump. Nella conferenza stampa al termine del vertice di Helsinki, il presidente americano è stato durissimo con l’fbi, la «corrotta Hillary Clinton» e l’«ostruzionismo» democratico. Il Russiagate, cioè le indagini sull’ipotesi di collusione tra il Cremlino e il comitato di Trump, ha dominato, almeno sul piano della comunicazione, il primo faccia a faccia tra i capi delle due superpotenze.
Il leader Usa ha iniziato la dichiarazione ufficiale dal tema più esplosivo: «Abbiamo parlato dell’intromissione russa nella nostra campagna elettorale. Il presidente Putin è stato molto deciso nello smentire ogni manovra». Poi un giornalista americano ha chiesto a Trump se credesse più alla versione dei servizi segreti Usa o a quella di Putin. «I miei mi dicono che è la Russia. Io ho qui il presidente Putin e lui ha appena detto che la Russia non c’entra. E io aggiungo: non vedo alcuna ragione per cui avrebbe dovuto farlo». E «se non è la Russia» allora Trump arriva alla conclusione: «Io neanche conoscevo Putin. Nessuna collusione». In tarda serata il leader Usa cerca di attenuare con un tweet: «Grande fiducia nel mio servizio d’intelligence».
Ma in conferenza stampa per il capo del Cremlino era stato facile chiamarsi fuori: «La Russia non ha mai interferito e non interferirà mai negli affari interni americani, compreso il processo elettorale». Putin aveva poi commentato l’atto di incriminazione firmato da Mueller a carico di 12 agenti del servizio segreto militare, cui si aggiunge, notizia di ieri, un’altra funzionaria «infiltrata» nel voto del 2016, Maria Butina: «Mueller può mandare una richiesta di estradizione, le nostre Corti la valuteranno. Dopodiché noi siamo pronti a consentire al super procuratore di venire a Mosca e interrogare gli accusati. A condizione che anche i nostri inquirenti possano farlo». Per Trump «è una proposta molto importante».
Tutto il resto dell’agenda è passato in secondo piano: anche se c’è stato un confronto su dossier cruciali come il controllo degli armamenti e la Siria. Sull’annessione della Crimea, Putin non ha concesso margini: «Abbiamo fatto il referendum, per noi la questione è chiusa». Ma a Washington l’attenzione è concentrata sul Russiagate. Per Paul Ryan, speaker repubblicano della Camera: «Non ci sono dubbi che la Russia abbia interferito nella campagna elettorale».