Zar addestrato a «carpire» informazioni
MOSCA Tanto Putin che Trump erano stati adeguatamente preparati dai propri esperti in vista del faccia a faccia di ieri. E la notizia che il presidente americano sembri più disposto a credere al Cremlino che ai suoi servizi segreti ha, naturalmente, fatto la gioia di Mosca e gettato nel panico molti, sia a Washington che nei Paesi alleati. Putin ha ricordato ieri: «Io ho lavorato nell’intelligence e so come si organizzano queste cose». I suoi gli hanno sicuramente spiegato quello che poteva dire e ciò che non doveva assolutamente lasciarsi sfuggire durante l’incontro ristretto. E anche, quasi certamente, quello che sarebbe stato molto interessante sapere dalla controparte americana. Ad esempio come i britannici siano arrivati alla certezza che ad avvelenare la ex spia russa Skripal e la figlia siano stati proprio gli agenti di Mosca. O come i servizi americani riescano a sapere tutto sui movimenti degli uomini del Cremlino che agiscono nel Donbass, in Ucraina, al fianco degli indipendentisti. A maggio Trump aveva fatto infuriare gli israeliani rivelando al ministro degli Esteri Lavrov un’azione segretissima in Siria degli uomini dello Stato ebraico per sabotare un piano dell’isis volto a sviluppare bombe da inserire nei computer portatili. Azione di cui il Mossad aveva messo a conoscenza la Cia. E questa volta, si chiedono a Langley, che cosa avrà detto il numero uno Usa «in confidenza» all’amico Vladimir?