«I risultati del vertice? Più che diplomazia questo è marketing»
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Il contenuto di fondo è assente, molta auto congratulazione, annunci senza conseguenze. Putin ha vinto due volte: con i Mondiali e ieri
PARIGI «Questo vertice mi ha fatto pensare a quello di Singapore tra Trump e il dittatore nord-coreano Kim Jong-un: più marketing che diplomazia», dice Dominique Moïsi, geo-politologo francese molto attento all’america (dove ha insegnato, ad Harvard) e alle relazioni atlantiche.
Perché i summit di Trump sono diversi?
«Il contenuto di fondo è assente, molta auto-congratulazione, annunci senza conseguenze, la voglia di fare credere che con una stretta di mano si risolvano problemi che duravano da decenni».
Allude alla frase di Trump sulle relazioni Usa-russia «pessime fino a quattro ore fa?»
«Esatto, Trump si spaccia come un uomo capace di convincere Putin e di imprimere svolte diplomatiche epocali. Come ha fatto con Kim Jong -un, del resto, e poi si è visto che aveva ottenuto ben poco, se non dare legittimità a un dittatore».
Ci sono punti di contatto reali tra Stati Uniti e Russia?
«Sì, per esempio sia Trump sia Putin vogliono sostenere Netanyahu e Israele, e sulla Siria l’america ha ormai quasi accettato la soluzione Assad voluta dalla Russia. Sull’iran le posizioni restano lontane. Ma i temi sono secondari, quel che interessava a Trump e a Putin era fare lo show delle proprie personalità».
Chi esce vincitore?
«Putin, due volte. Perché la Coppa del Mondo in Russia è stata un grande successo e perché in nessun momento della conferenza stampa è stato mai messo in difficoltà da Trump».
Che anzi sembrava avere come unico obiettivo quello di difendere Putin dalle accuse
di avere interferito nelle elezioni americane a suo vantaggio.
«La dimensione di politica interna americana è molto importante. Più sostiene Putin, più Trump difende se stesso. Dice di credere più a Putin che al procuratore Mueller e alla sua lista di 12 funzionari russi sospettati di avere manovrato contro Hillary Clinton. Ancora una volta, è marketing politico rivolto ai suoi sostenitori, e funziona, perché la popolarità di Trump nelle ultime settimane è salita dal 35 al 45 per cento. Mi fa pensare a una frase del celebre drammaturgo francese Jean Anouilh: “La propaganda è una cosa facile, basta dire qualcosa di enorme e ripeterla spesso”. Dubito che Trump abbia letto Anouilh, gli viene spontaneo».
Se la base è con Trump, anche nel partito repubblicano aumentano le prese di distanza e le accuse esplicite di alto tradimento.
«Molti repubblicani per tradizione diffidano dell’urss prima e della Russia dopo, e si sentono traditi da Trump. Alcuni esponenti repubblicani di peso adesso sono preoccupati, considerano Trump più pericoloso del previsto».
Davvero Trump paga a Putin il debito per l’aiuto nella vittoria del 2016?
«Alcuni ipotizzano addirittura un Trump nelle mani dei russi sin dal 1987. E la storia dello scandalo sessuale a Mosca, evocato ancora oggi a Helsinki, è plausibile. Ma può bastare semplicemente il fatto che Trump va davvero più d’accordo con i leader autoritari che con le democrazie. Forse Putin può anche ricattarlo, ma alla fine è secondario. Non ne ha bisogno».
Trump ha parlato dell’europa come «nemica».
«L’america non è più un alleato affidabile e questa potrebbe essere una grande occasione per unirci. Ma tra chi preferisce piuttosto avvicinarsi alla Russia, come l’italia, e chi si rifiuta di spendere di più, come la Germania, l’europa non avanza».