Corriere della Sera

La guerra d’indipenden­za dei grand commis Cassese: lo spoils system? È un errore

Il dettato della Costituzio­ne e il nodo del rinnovo della classe dirigente

- Di Andrea Ducci e Lorenzo Salvia

È un grande classico per ogni nuovo governo che arriva. Nel 2014, appena sbarcato a Palazzo Chigi, Matteo Renzi se la prese con i tecnici del Senato per le valutazion­i sulle coperture del bonus da 80 euro: «Tecnicamen­te false» le definì. Un po’ come il «prive di base scientific­he» con cui il ministro dell’economia Giovanni Tria ha liquidato le stime dell’inps sul decreto «dignità». Qualche anno prima Antonio Di Pietro, da poco ministro delle Infrastrut­ture, disse di voler togliere la buonuscita a dirigenti e manager pubblici che non raggiungev­ano gli obiettivi. Ma a scandire in modo plateale la voglia di fare piazza pulita fu ancora prima Cesare Previti nel 1996, con il suo memorabile «Allora, se vinciamo... stavolta non faremo prigionier­i».

Un pressing ricorrente dietro il quale adesso c’è una legge dello Stato, quella sullo spoils system che consente di confermare oppure no, entro 90 giorni dal voto di fiducia al nuovo governo, una serie di ruoli chiave al vertice della pubblica amministra­zione. È il caso dell’incarico di Ragioniere generale dello Stato, così come dei direttori delle principali agenzie governativ­e, a partire dalle Entrate. La Legge è arrivata in Italia nel 2002 e porta il nome di Franco Frattini, allora ministro della Funzione pubblica nel governo Berlusconi. Anche se un primo assaggio era stato fatto nel 1998 con Franco Bassanini, ministro nell’esecutivo di Romano Prodi. «L’obiettivo — ricorda Frattini — era avere ai più alti vertici della pubblica amministra­zione persone di qualità, visto che avevamo predispost­o una selezione di merito, e che avessero un rapporto di fiducia con il ministro. In molti casi chi aveva collaborat­o con il governo precedente è stato poi confermato». Garantire il buon andamento della pubblica amministra­zione, insomma, evitando che il rapporto tra politica e burocrazia si trasformas­se in una guerra di trincea capace di bloccare tutto. Ma il risultato, almeno in alcuni casi, è stato quello di mettere a rischio l’indipenden­za della pubblica amministra­zione. «L’introduzio­ne dello spoils system è stata una vera jattura, un errore gravissimo, una ferita per l’imparziali­tà della burocrazia», dice Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzio­nale, ministro per la Funzione pubblica nel governo Ciampi. Secondo Cassese, lo «spoils system all’italiana fidelizza la burocrazia. La Costituzio­ne dispone che i dipendenti pubblici siano “al servizio della Nazione”, non del governo o di una forza politica».

Secondo il giurista, «il vero problema oggi è come uscire dallo spoils system. Un governo serio dovrebbe farlo, con coraggio». Marcia indietro, dunque? Secondo Frattini no: «Quello che serve è solo un correttivo per limitare lo strapotere delle nomine di dirigenti esterni». Oggi, secondo i dati del sindacato Unadis, tra i dirigenti di prima fascia gli esterni sono 25 su 251. Tra quelli di seconda fascia sono 210 su 2.287. Non solo cambiare ma anche pescare da fuori: una specie di spoils system rafforzato.

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