Quelle tre lettere di Schäuble Banche italiane nel mirino
Semel ministro, semper ministro. Lo sei stato una volta, lo sei sempre. Responsabile delle Finanze della Germania Wolfgang Schäuble lo è stato per otto anni e non è qualcosa che si dimentichi facilmente. L’istinto resta, anche ora che l’uomo politico cristiano-democratico è stato eletto presidente del Bundestag. Nel suo nuovo ruolo negli ultimi mesi ha tempestato di lettere la Banca centrale europea, per la precisione la responsabile del Consiglio unico di vigilanza Danièle Nouy. Le ha scritto il 21 marzo con domande sull’antiriciclaggio, le politiche contro i prestiti deteriorati e varie altre questioni. Le ha riscritto il 6 giugno rispondendo alla risposta di Nouy, con domande persino su come e perché la Bce continua a prestare alle banche greche. Le ha poi riscritto il 13 giugno con un fuoco di fila di domande sulle banche italiane: vuole sapere quanti crediti deteriorati hanno, quanti titoli di Stato italiano e quanto debito italiano hanno invece le altre banche europee; puntigliosamente, vuole sapere anche se l’autorità bancaria europea stia tenendo conto di tutti questi rischi nei suoi «stress test» (proprio ora in corso). Tutto questo si desume solo dalle risposte di Nouy, perché Schäuble non ha né annunciato né reso pubbliche le proprie lettere. Come se Roberto Fico, presidente della Camera, scrivesse riservatamente alla Bce con insistenti domande sui derivati pericolosi nei bilanci delle banche tedesche, sulle garanzie pubbliche godute solo dalle banche tedesche o sul fatto che solo le banche tedesche non applicato i nuovi, stringenti criteri contabili internazionali. Forse Schäuble ne sarebbe sorpreso: penserebbe che Fico, politico nazionale, vuole impropriamente pressare e interferire con l’operato di un’autorità indipendente europea nel momento delicato in cui esamina le banche di un altro Paese. E magari, in questo caso, Schäuble avrebbe persino ragione.