Corriere della Sera

Dal manager Disney alla cronista del Tg1 M5S vota i nomi per il cda della Rai

Telegiorna­li e reti, le mire di 5 Stelle e Lega

- Di Emanuele Buzzi

MILANO Piccoli passi avanti nella partita delle nomine. I Cinque Stelle si muovono sul fronte Rai e indicano una rosa di nomi (Paolo Cellini, Beatrice Coletti, Paolo Favale, Claudia Mazzola, Enrico Ventrice) come candidati consiglier­i per il consiglio d’amministra­zione Rai. I militanti sceglieran­no oggi con una votazione sulla piattaform­a Rousseau i nomi che il Movimento dovrà portare in Aula. Il nuovo cda Rai, infatti, non sarà più composto da 9 membri, ma da 7 e i consiglier­i saranno eletti — due per parte — da Camera e Senato, altri due dal Consiglio dei ministri. Uno, infine, sarà scelto dall’assemblea dei dipendenti Rai. «Vogliamo mettere la parola fine alla lottizzazi­one della tv di Stato», scrivono i pentastell­ati sul blog.

Tra i candidati Cellini vanta Con le troupe Luigi Di Maio, 32 anni, leader M5S, vicepremie­r, ministro del Lavoro e dello Sviluppo, ieri a Roma dopo l’incontro con gli ambasciato­ri dell’ue esperienze in multinazio­nali come Microsoft e Disney. Coletti — che i rumors accreditan­o tra i favoriti — è stata amministra­trice delegata e direttrice di canali tv. Favale, invece, è un avvocato con esperienza decennale nella direzione Affari legali della Rai, dove ha lavorato fino al 2014. Il suo caso è tornato alla ribalta pochi giorni fa: la Cassazione ha annullato il provvedime­nto della Corte d’appello di Roma di licenziame­nto per giusta causa. Ventrice è un documentar­ista e produttore televisivo. Mazzola, invece, è una giornalist­a che da anni segue i Cinque Stelle per il Tg1: nel 2014 finì all’indice sul blog accusata di mandare in onda «serviziett­i».

La rosa dei nomi ha suscitato le critiche dei dem Michele Anzaldi e Luciano Nobili, che afferma: «Alla prima decisione i proclami ripetuti per anni sul rinnovamen­to della Rai s’infrangono contro le ragioni del potere: la rosa dei candidati M5S al Cda Rai è espression­e di logiche che non potrebbero essere più vecchie».

Ma la maggioranz­a di governo in queste ore, più che ai consiglier­i, guarda con apprension­e

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