Cina e Ue: «Sosteniamo il libero scambio»
Pechino offre maggiori aperture agli europei. Ma non vuole bruciare i ponti con gli Usa
Un primo risultato le guerre commerciali di Donald Trump lo hanno ottenuto: per due anni di seguito Unione Europea e Cina avevano concluso il loro vertice senza un comunicato congiunto, divise dalla polemica sul rifiuto europeo di riconoscere a Pechino lo stato di economia di mercato e dall’eccesso di produzione di acciaio cinese. Ieri, invece, nella Grande sala del popolo in Piazza Tienanmen le due parti si sono trovate d’accordo sulla necessità di difendere le regole dell’ordine internazionale, promuovere il multilateralismo e sostenere il libero scambio delle merci. Una formula che in altre occasioni sarebbe suonata come vuota retorica, ma che ora può avere sviluppi rilevanti.
Dopo i colloqui Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, ha detto che «l’architettura mondiale sta cambiando» ed è ora di riformare l’organizzazione mondiale dei commerci (Wto), di introdurre nuove regole sui sussidi all’industria e sulla proprietà intellettuale (proprio quelle norme che Pechino continua a ignorare). Da tempo i cinesi chiedono di contare di più nella governance mondiale dell’economia e ora Europa e Cina hanno concordato di costituire un gruppo di lavoro comune per rilanciare la Wto. Pechino ha appena presentato alla Wto un reclamo contro la nuova ondata di dazi su 200 miliardi di prodotti Made in China minacciata da Trump e quindi il riferimento di Tusk all’organizzazione è un segnale importante.
Il premier cinese Li Keqiang ha offerto una maggiore apertura del mercato cinese agli investimenti europei, però è stato attento a non bruciare i ponti per un negoziato con gli Usa. «Non puntiamo a isolare una terza parte né a lasciarci influenzare da una terza parte», ha spiegato Li. Una frase che è sembrata conciliante nei confronti di Trump, un segnale dello scopo cinese, che non sarebbe di creare una nuova alleanza anti-americana, ma solo di mantenere il sistema globalizzato dei commerci. Mettere in un angolo l’america «non è fattibile, anche se siamo vittime vogliamo risolvere la questione bilateralmente con gli Usa», ha concluso Li Keqiang.
Non bisogna farsi illusioni sugli obiettivi di Pechino: se ci preoccupa l’«america First» di Trump, non possiamo dimenticare che il «Sogno cinese» di Xi significa lo stesso, anche se espresso con toni più diplomatici. Una soluzione bilaterale dello scontro commerciale Usa-cina lascerebbe scoperta l’europa.