«Abbiamo evitato la talassemia ai nostri gemelli»
«Fin da piccola ho fatto trasfusioni di sangue e infusioni quotidiane per riequilibrare l’eccesso di ferro. I miei globuli rossi sono minuscoli, li perdo e ho bisogno di reintegrarli. Un’infanzia piena di privazioni per la mia salute imperfetta. Non avrei mai potuto dare ai miei figli le stesse pene. Io e mio marito lo abbiamo fatto per la loro felicità». Per la felicità di Francesco e Nicolò, nati lo scorso anno a marzo da embrioni analizzati prima dell’impianto per evitare che ereditassero la talassemia maior dalla mamma Claudia e dal papà Maurizio, lei malata, lui portatore sano. «Un dono incredibile, avevamo il 50% delle possibilità di trasmettere i geni con le alterazioni che ci hanno reso infertili», dice Claudia. Sostenuta anche dall’avvocato Filomena Gallo, la coppia intentò e vinse il ricorso per ottenere dal tribunale l’autorizzazione a fare la diagnosi preimpianto in un centro pubblico che non la rendeva disponibile. La sentenza favorevole arrivò nel 2012. I primi tentativi vani effettuati all’ospedale Microcitemico del capoluogo sardo, nel centro diretto dal ginecologo Giovanni Mommi, poi altri aborti spontanei e infine la doppia gravidanza ottenuta al costo di ulteriori cicli di fecondazione artificiale e la creazione di nuovi embrioni con il trasferimento in utero di quelli in salute.