Il serial killer dei tatuaggi e un giornalista sulle sue tracce
Lui in realtà non vorrebbe neanche uccidere. Gli importa solo del tatuaggio che ruba col bisturi alle sue vittime. Per gli investigatori è chiaro che non si fermerà, ma poiché i vertici dell’arma tentennano, il maggiore Sgrò si risolve a fare una soffiata ai media, rivolgendosi tra molte esitazioni a Leo Malinverno.
Comincia così «Primo venne Caino» (Salani, pp.288, € 16,90) il secondo romanzo in cui Mariano Sabatini mette al centro della storia il giornalista romano. Nella prima e premiata puntata («L’inganno dell’ippocastano») lo avevamo visto muoversi in una livida metropoli invernale; questa volta è piena estate e tutto — colori, atmosfere, profumi — rende più familiare, anche per chi non ci vive, l’ambientazione capitolina.
L’inviato del Globo, in realtà, era in vacanza a casa della sua giovanissima fidanzata greca, ma quando viene contattato dagli inquirenti non gli pare vero di scappare via. Lei è bellissima e irripetibile; ma lui si sente un po’ vecchio, fuori posto, percepisce che non potrà durare. E poi non sa resistere al richiamo del mestiere, all’adrenalina del cronista.
Come nel primo romanzo, saranno fondamentali le pagine imbevute di dinamiche redazionali: le amicizie e le invidie, i dialoghi e i piccoli sotterfugi che l’autore riesce a raccontare in maniera nitida anche a chi non ha mai messo piede in un giornale.
Ma le cose sembrano andare storte: il direttore del Globo è in ospedale dopo un infarto e a sostituirlo c’è un collega pavido e rancoroso, per niente incline ad assecondare il fiuto di Leo; fino a sospenderlo addirittura dal servizio. Poco male: Malinverno non ce la fa a star fermo e si reinventa battitore libero, dando vita a un sito internet personale che in pochi giorni diventa punto di riferimento persino per la concorrenza.
Intanto i delitti continuano. Il collezionista di tatuaggi intensifica i suoi agguati (e i lettori del romanzo ne seguono le mosse pur senza poterlo identificare). La pista del giornalista passa da una vecchia attrice in disarmo a un architetto arrivista e volgare, dall’inseguimento a un bizzarro antropologo alle confidenze di un arteriosclerotico collega bolognese. E sempre più appare chiaro che il maggiore Sgrò ha ben altro da nascondere oltre all’alcolismo che lo sta portando alla tomba.
La verità esploderà nelle pagine finali, che regaleranno un colpo di scena destinato a comunicarci come la vicenda dovrà per forza avere un seguito.