Corriere della Sera

LE «MANINE», LA POLITICA E L’IMPRESCIND­IBILE VERITÀ DEI NUMERI

- Di Maurizio Ferrera

Non è la prima volta che si parla di una «manina» che modifica un testo legislativ­o in bozza. Facciamo in modo che sia anche l’ultima. Si predispong­a un percorso — protetto da password — per il transito dei testi ufficiali da un ufficio a un altro, sino all’approdo in Parlamento. Non dovrebbe essere difficile neppure per un Paese poco digitalizz­ato come il nostro. Potremo così smettere di sprecare tempo in sterili polemiche. Nello specifico, la vicenda di questi giorni solleva però due questioni serie. La tabella che non piace al ministro Di Maio contiene stime finanziari­e sulle nuove norme sul lavoro. Che cosa si contesta? Le fonti, il metodo, i calcoli? Il governo si è posto l’obiettivo di scoraggiar­e i contratti precari e favorire quelli stabili. Ma avrà ben fatto un qualche ragionamen­to sull’efficacia, anche quantitati­va, degli strumenti prescelti. Si apra allora un confronto pacato sui punti di vista, sul modo di ordinare e analizzare i dati. Accuse e sospetti confondono solo le idee dei cittadini. L’altra questione riguarda il rapporto fra verità di fatto e decisioni politiche. Ogni governo ha un programma e ha diritto di perseguirl­o in base a valutazion­i politiche. Nessuna decisione può però prescinder­e dalla realtà. Il confronto fra punti di vista ha senso nella misura in cui condivide un punto di riferiment­o empirico. Le polemiche del governo sui conti previdenzi­ali, sui numeri dell’immigrazio­ne e del mercato del lavoro tradiscono una preoccupan­te insofferen­za verso la «materia fattuale» che dovrebbe essere il punto di partenza di ogni provvedime­nto e che ne costituisc­e anche il limite. Chi governa non può prendersel­a coi dati né screditare le istituzion­i serie (non molte, in Italia: l’inps è una di queste) che li producono e li analizzano. Hanna Arendt diceva che i fatti hanno un’inflessibi­le e vistosa ostinatezz­a. Non possono essere cambiati a proprio piacimento. Su questo fronte il governo Conte non sta esordendo bene. Le belle parole (come «dignità») e le dichiarazi­oni a effetto possono impression­are nei primi cento giorni. Dopo contano i risultati. Cioè, appunto, i fatti e i dati che li misurano.

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