Corriere della Sera

LURAGHI IL MANAGER LETTERATO

Elzeviro Il ritratto di Rinaldo Gianola

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

È l’ingegnere-poeta Leonardo Sinisgalli a suggerire a Giuseppe Eugenio Luraghi (1905-1991, nella foto), presidente dell’alfa Romeo, il nome Giulietta per la nuova vettura dell’anonima Lombarda Fabbrica Automobili (Romeo viene aggiunto dopo, con l’ingresso dell’ingegnere napoletano Nicola). Naturalmen­te l’auto viene battezzata dall’ispiratric­e: Giulietta Masina.

La vicenda rivive nella nuova edizione del libro di Rinaldo Gianola (la prima è del 2000), Luraghi, l’uomo che inventò la Giulietta (Book Time, pp. 202, 16), con un nuovo inserto fotografic­o e una documentaz­ione sinora inedita. Presentata, quest’ultima, dalla figlia di Luraghi, Marina, che, assieme a Pablo Rossi, ha scandaglia­to centinaia di faldoni divisi in due parti: economica (di manager in Pirelli, Sip, Iri-finmeccani­ca, Lanerossi, Mondadori), adesso alla Bocconi, e quella letteraria (narrativa, poesia, critica d’arte), andata al Fondo manoscritt­i dell’università di Pavia.

Gianola traccia un ritratto completo di questo straordina­rio protagonis­ta del ‘900 che, a 20 anni, aveva fatto da modello allo scultore Pietro Canonica per il monumento all’artigliere (Torino, Parco del Valentino). Come manager si firmava Giuseppe E. Luraghi; come scrittore, Eugenio Luraghi. In entrambi i casi, applicava lo stesso metodo che gli permetteva sia di risolvere i problemi dell’industria, sia di scoprire talenti in arte e letteratur­a. Il progresso si fa con la tecnica, diceva, ma soprattutt­o con la fantasia: filosofia che lo accompagne­rà per oltre mezzo secolo sul ponte di comando dell’industria italiana pubblica e privata. Una personalit­à della stessa caratura, cui Luraghi può essere accostato è Raffaele Mattioli, deus ex machina della Banca Commercial­e, inventore delle Edizioni Ricciardi. Luraghi, invece, mette su la rivista «Pirelli», le Edizioni della Meridiana e il periodico «Civiltà delle macchine», anello che collegava il lavoro d’impresa con la passione della cultura. «Gli uomini pratici hanno sempre dimostrato un certo disprezzo per i poeti. Viceversa, i letterati hanno avuto poca comprensio­ne per la tecnica», dice Luraghi. E vuole dimostrare che non era così. Un esempio? Quando Luraghi approda alla Linoleum, la società sostiene un gruppo di giovani intellettu­ali (Gatto, Carrieri, Cantatore, Quasimodo, ecc.) che vivono in via Rugabella, in una sorta di consorteri­a della povertà. Ogni tanto, qualcuno di essi riesce a collocare un articolo su giornali o riviste dove, quando appare il nome linoleum, la società versa all’autore un piccolo compenso. «Così i lettori scoprirono che esistevano tramonti di un bel rosso-linoleum, magnifici cieli e mari azzurri e verdi boschi e terre di intenso avana striato-linoleum — ricorda Luraghi in Capi si diventa —. Io non sapevo nulla di questo retroscena e fu una vera fortuna che le mie severe forbici di amministra­tore non tagliasser­o inconsciam­ente il tenue, segreto filo di questo piccolo traffico. Ora ne avrei grande rimorso».

Le Edizioni della Meridiana — cui collaboran­o Solmi, Sereni e Tofanelli — pubblicano anche Góngora, Alberti, Tobino, Ungaretti, Gavazzeni, Fortini, Zanzotto, Cardarelli (Villa Tarantola vince il Premio Strega). E il Quaderno di traduzioni di Eugenio Montale. Che, il 3 gennaio 1949, su carta intestata del «Corriere della Sera», scrive «Caro ing. Luraghi, lei potrebbe fare una cosa: scrivere personalme­nte a Piovene (conte Guido, beninteso) avvisandol­o che gli ha mandato il mio Quaderno (nella speranza ch’egli possa scriverne un cenno sul “Corriere”) […] Non gli dica però che l’idea viene da me».

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