Una centrale operativa e poi le accademie Ecco la Francia stellare
I talenti studiati e valorizzati curandone i tempi di crescita
Anche le danze e le esultanze sono studiate nella giovane Francia che è sbarcata a Parigi pazza di gioia. Non c’è improvvisazione nella gioventù portata al potere da Didier Deschamps vent’anni dopo la prima volta. Certo, ci sono incoscienza, talento purissimo, energia «da spostare le montagne». Ma senza un’organizzazione che parte da lontano non si vince con merito una Coppa del Mondo battendo Argentina, Uruguay, Belgio e Croazia.
Oltre ovviamente all’italia di Mancini, travolta in amichevole a Nizza 3-1 dagli enfants terribles l’1 giugno. Una dura lezione per il nostro calcio, che è stato superato anche dalla Ligue1 negli introiti dei diritti tv, sfruttando l’effetto Neymar: in Francia si è sfondata quota un miliardo (1.153 milioni), mentre l’italia è rimasta indietro rispetto a un campionato considerato tecnicamente inferiore. Ma anche dal punto di vista atletico, secondo Mario Balotelli che ci gioca da due anni «è molto superiore alla A». E secondo un’antica definizione di José Mourinho è «il supermarket ideale, perché i giocatori francesi sono pronti fisicamente e dal punto di vista mentale». Non a caso sono 821 in giro per il mondo, secondi solo ai brasiliani.
La partita di Nizza inoltre ha lasciato agli azzurri la pericolosa convinzione che possa bastare un talento come Mbappé per rinascere. Ma il fatto che il primo teenager a segnare nella finale di un Mondiale dai tempi di Pelé 1958, sia un diamante sgrezzato nel centro tecnico federale di Clairefontaine, esalta ancora di più il modello francese. Kyky ha varcato le porte del tempio inaugurato nel 1978 a sud di Parigi, a 13 anni, proveniente dalla squadra di Bondy, periferia parigina. L’inf, l’istituto di formazione calcistica che accoglie i migliori talenti tra i 13 e 15 anni, è stato un punto di passaggio anche per Matuidi, per il terzo portiere Areola, per Varane (stagista) mentre aveva negato l’accesso a Kanté, uno dei protagonisti della cavalcata mondiale. Alcuni hanno seguito percorsi alternativi, come Griezmann, scartato in patria e cresciuto in Spagna a San Sebastian. Ma la maggioranza è comunque il prodotto delle accademie di Psg, Lione, Lens, Marsiglia o Nizza, che devono seguire le linee dettate dalla «centrale operativa». Che però negli ultimi anni ha modificato i propri principi (seguendo l’influenza spagnola) per reagire alla profonda crisi della Nazionale, culminata con l’ammutinamento al Mondiale 2010 e le accuse di discriminazione razziale che hanno scosso la stessa Clairefontaine.
«Prima guardavamo troppo all’aspetto atletico (per volontà del direttore tecnico Jacquet, c.t. campione nel 1998 ndr), mentre adesso reclutiamo anche ragazzini più in ritardo nello sviluppo fisico, una scelta che vent’anni fa non avremmo mai fatto — ha raccontato prima del Mondiale il direttore di Clairefontaine, Jean-claude Lafargue — . Ma abbiamo capito che a imporsi molto spesso sono proprio quelli che crescono più lentamente. All’inizio è stato così anche per Mbappé: i muscoli si sviluppano, ma la differenza la fa il cervello, che deve essere programmato nell’età giusta per formare un calciatore professionista. Sia come mentalità ed educazione, che come velocità di pensiero e di azione sul campo. Cerchiamo di renderli calcisticamente intelligenti: li facciamo pensare».
Fa pensare anche il fatto che la Francia abbia lasciato a casa per scelta tecnica o «ambientale» anche un’altra dozzina almeno di giocatori da Mondiale: oltre la qualità c’è anche la quantità. Così, mentre le classi di Clairefontaine guardavano le partite di Pogba e Mbappé, studiando i passi di nuove esultanze per il futuro, qualche sala più in là i tecnici professionisti terminavano il loro percorso di studio, assieme ai colleghi americani, dopo la collaborazione iniziata nel 2013. L’under 19 invece è all’europeo, in vetrina per il mercato estivo. Ma quello dei ritardatari: il centrale Ekwah, talento del Nantes cresciuto a Clairefontaine, è appena stato comprato dal Chelsea, per due milioni. Ma lui di anni ne ha 16.
Macron Questa squadra è bella ed è diventata campione del mondo perché è unita, non dimenticate mai da dove venite