Corriere della Sera

L’ILLUSIONE CHIAMATA BREXIT

- di Luigi Ippolito

La Brexit è finita su un binario morto. A più di due anni dal referendum in cui è prevalsa la volontà di uscire dall’unione Europea, la Gran Bretagna è in preda a una crisi politica ed esistenzia­le che non le consente di arrivare a un divorzio sereno e ordinato dalla Ue. Per cui a questo punto i due scenari più probabili diventano quelli più estremi: no deal o no Brexit. Ossia una uscita catastrofi­ca dall’unione, senza nessun accordo legale a fare da ammortizza­tore, con conseguenz­e pesantissi­me sull’economia britannica ma anche su quella continenta­le; oppure una marcia indietro su tutta la linea, sconfessan­do la volontà popolare e aprendo così la strada a scenari interni destabiliz­zanti.

Ma come si è arrivati a questa impasse? Il problema è che il governo di Theresa May ha avviato la procedura di uscita dall’unione senza aver ben chiaro il punto di arrivo: cioè senza aver risolto il dilemma di fondo fra una soft e una hard Brexit, come dicono a Londra, ossia fra un distacco morbido e uno netto. I sostenitor­i della prima variante propongono di mantenere uno stretto allineamen­to con l’europa, in modo da tutelare l’economia, i secondi propugnano una piena autonomia per fare della Gran Bretagna una potenza globale libera dalle pastoie continenta­li.

Dopo due anni di infruttuos­i dibattiti (e di negoziati inconclude­nti con Bruxelles) Theresa May ha formulato una proposta di compromess­o.

Un accordo di associazio­ne con la Ue che consenta di partecipar­e a settori del mercato unico, mantenere una forma di cooperazio­ne doganale e lasciare spazio a una parziale libertà di circolazio­ne delle persone.

Una Brexit di fatto molto morbida, pensata per attutirne le conseguenz­e pur rispettand­o il risultato del referendum del 2016: ma che ha provocato la rivolta degli euroscetti­ci più convinti, che hanno gridato al tradimento, con le conseguent­i dimissioni di due ministri di peso, Boris Johnson e David Davis. E va notato che anche esponenti del fronte filo-europeo, come Peter Mandelson, uomo vicinissim­o a Tony Blair, hanno definito la soluzione della premier come il peggiore dei mondi possibili, che perpetua gli svantaggi dell’appartenen­za all’europa dopo averne perso i benefici.

Ma soprattutt­o, come si è visto negli ultimi due giorni, Theresa May non ha i numeri in Parlamento per imporre la sua proposta. La fazione euroscetti­ca dei conservato­ri è in grado di agire come minoranza di blocco, anche se a Westminste­r non c’è una maggioranz­a per far passare una hard Brexit. La Gran Bretagna è in un vicolo cieco da cui non sa come uscire. E dunque si riaffaccia l’ipotesi di un secondo referendum: e più il governo la esclude, più se ne parla. Ma sarebbe un esito pericoloso: perché finirebbe per esacerbare una divisione del Paese che negli ultimi due anni si è solo approfondi­ta. E non metterebbe la parola fine alla querelle.

La verità è che la Brexit ha finito per lacerare il tessuto costituzio­nale e democratic­o della Gran Bretagna: la maggioranz­a dei deputati non crede veramente nell’uscita dalla Ue e dunque il Parlamento, cui a Londra spetta in ultima istanza la sovranità, è chiamato ad attuare una politica sancita da un plebiscito, pena l’accusa di tradire la democrazia. Un corto circuito che ha messo in scacco il Paese culla delle istituzion­i liberali e della rule of law, che per secoli è stato di esempio alle nazioni che si riconoscon­o in quella tradizione.

La lezione della Brexit è che non ci sono scorciatoi­e, quando è in gioco una relazione così profonda e complessa come quella con l’eu-

Slogan caduti

Il sogno di un’uscita indolore dall’europa si è rivelato un incubo per la Gran Bretagna

ropa. I fautori del divorzio dall’unione Europea avevano venduto facili slogan: la ripresa del controllo sulle leggi, i soldi e le frontiere. E contrabban­dato promesse mendaci, come i 350 milioni in più ogni settimana per il servizio sanitario nazionale.

Era stata la prima manifestaz­ione del sovranismo che ha dilagato nel Continente: ma in un mondo interdipen­dente gli slogan hanno vita breve. L’illusione della Brexit si è infranta contro la realtà: tanto che si affaccia la tentazione della marcia indietro. Perché il sogno di un’uscita indolore dall’europa si è rivelato un incubo dal quale la Gran Bretagna non sa come svegliarsi.

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