Corriere della Sera

Il muro delle nomine

M5S rivendica un peso maggiore della Lega

- Di Francesco Verderami

C’è un muro che divide Cinquestel­le e Lega dal ministro dell’economia: è il muro delle nomine. il titolare di via XX Settembre si è mostrato finora irremovibi­le. Il premier Conte prova a mediare.

C’è un Trentottes­imo parallelo nel governo, è il muro che sulle nomine divide Cinquestel­le e Lega dal ministro dell’economia e che ha reso in queste settimane ancor più complicata la ricerca di un’intesa. Da quando Di Maio e Salvini hanno iniziato a discutere sugli assetti di potere con i rispettivi sherpa, Tria non ha mai voluto partecipar­e ai vertici, sostenendo che su questo tema avrebbe parlato solo con il presidente del Consiglio. Come se il capo dei grillini e il leader del Carroccio non fossero i due vice premier, come se la tenuta dell’esecutivo non dipendesse da loro.

Ma il titolare di via XX Settembre si è mostrato finora irremovibi­le, privilegia­ndo le forme più istituzion­ali e costringen­do per l’occasione Conte a trasformar­si in una sorta di «staffetta». Raccontano che il rito si sia ormai consolidat­o: i partiti si riuniscono e informano il premier, che si incarica di riferire al ministro l’esito degli incontri. A sua volta il ministro rappresent­a le proprie valutazion­i al premier, che poi le gira a Di Maio e Salvini. L’atteggiame­nto distaccato è valso a Tria il nomignolo di mister «authority indipenden­te», che i colleghi di governo gli hanno affibbiato.

Questo approccio, oltre a suscitare l’ironia di quanti lo osservano in Consiglio dei ministri, ha provocato anche l’irritazion­e del leader pentastell­ato: oltre alle ragioni politiche legate al fatto che M5S è pur sempre il partito di maggioranz­a relativa, e dunque meriterebb­e un diverso grado di attenzione, c’è il sospetto che Tria possa raccordars­i con la Lega attraverso il sottosegre­tario alla presidenza Giorgetti, che riveste un ruolo centrale nella trattativa. È solo un «pensierino andreottia­no» alimentato dalle tensioni? Ieri Giorgetti sosteneva che «entro la settimana» il governo scioglierà

Il soprannome «Mister authority indipenden­te»: così i colleghi chiamano il ministro dell’economia

il nodo più intricato, cioè le scelte per Cdp: «Mi ci metto d’impegno», ha scherzato prima di infilarsi nell’ennesimo vertice (senza Tria).

Ma c’è di più. A parte le mosse del ministro dell’economia, che innescano la reazione dei partiti di governo, c’è poi lo scontro tra i partiti di governo. E dietro il braccio di ferro sulle figure apicali di Cassa depositi e prestiti, dietro le mire sulle poltrone della Rai e soprattutt­o della direzione del Tg1, emerge per la prima volta nella maggioranz­a gialloverd­e il tema dei rapporti di forza tra Cinquestel­le e Lega. L’altra sera, nel corso di un incontro tra gli sherpa, i grillini infatti hanno espressame­nte sottolinea­to la differenza di peso parlamenta­re e hanno rivendicat­o il «primato» del Movimento nella coalizione.

D’altronde sulle nomine si gioca una partita di potere che avrà anche un riflesso mediatico nella rappresent­azione di vincitori e vinti. Su questa linea Salvini non appare intenziona­to a cedere, e lo stallo su Cdp lo testimonia, nonostante le fondazioni bancarie — che hanno una quota di minoranza nella Cassa — stiano premendo sul governo perché chiuda subito la vertenza. Probabilme­nte il segretario del Carroccio sta alzando il prezzo per conquistar­e, oltre il Tg1, anche le Ferrovie a vantaggio di Bonomi. E magari per ottenere il via libera a cambiare i vertici dei servizi prima della scadenza, prevista dalla proroga nel febbraio del 2019.

Il gioco a incastro ripropone così la natura di un governo a tre teste: quella dei grillini, quella dei leghisti e quella dei tecnici che hanno nelle massime cariche istituzion­ali il loro vero punto di riferiment­o. E i nomi delle nomine lo dimostrera­nno.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy