Corriere della Sera

Obama ritorna: rispetto dei fatti o niente dialogo

- di Michele Farina

Barack Obama, il primo a Johannesbu­rg per celebrare i cento anni di Nelson Mandela. E per ricordare che senza il rispetto dei fatti non c’è dialogo.

La più elegante?

«Ricordo quella che indossò a Buckingham Palace nel ‘96. Arrivò a corte con una delle mie camicie di seta. La regina gli disse: “Presidente Mandela, è la prima volta che un capo di Stato si presenta di fronte a me senza indossare una giacca, ma la sua è proprio una bella camicia”».

Il colore preferito?

«Un giorno davanti allo staff mi chiese quale fosse il colore più indicato. Risposi: “Presidente, il nero va su tutto”. Mi bloccai: una gaffe? Attimo di gelo, poi lui scoppiò in una risata. Ero salvo».

L’incontro più speciale?

«Una volta mi disse: vieni che ti faccio conoscere un “italiano” importante. Alla prima colazione, a tavola c’era Giovanni Paolo II. Madiba mi presentò come un amico dell’africa responsabi­le del suo look. Il Papa, guardandos­i, commentò che probabilme­nte un giorno un Papa avrebbe utilizzato il mio lavoro. È accaduto davvero, nel corso della visita a Firenze di papa Francesco: ho tessuto e confeziona­to la Casula che ha indossato per la messa allo stadio».

Madiba lo chiamava con

Un giorno mi disse: Vieni che ti faccio incontrare un italiano importante Alla prima colazione, seduto al tavolo, c’era Giovanni Paolo II

Quel giorno a Venezia Fiorentino, innamorato dell’africa, organizzò la visita del leader a Venezia, in incognito

l’accento sbagliato, Stefàno. Ma sull’amicizia aveva visto giusto. Stefano Ricci, 67 anni, designer e stilista fiorentino, ama l’africa alla maniera di Ernest Hemingway. Natura, safari, emozioni forti. Ha conosciuto Nelson Mandela poco dopo la sua liberazion­e: «Un amico indiano mi chiese se potevo dare un occhio al guardaroba di Madiba. Accettai con entusiasmo».

L’ha mai portato in Italia?

«Per la sua prima e unica visita. A Venezia in incognito. Una sera pioviggino­sa d’inverno attraversa­mmo piazza San Marco per recarci a cena sul terrazzo di un famoso hotel sul Canal Grande. Alcune persone riconobber­o Mandela ed erano quasi timorose ad avvicinars­i. Fu lui con il suo sorriso ad accoglierl­e. L’uomo che aveva cambiato da solo una parte dei destini del mondo sapeva essere di una semplicità disarmante».

La sua eleganza com’era?

«Sobria. Non portando spesso la giacca, si lasciava un po’ andare con le camicie. Ma anche la sua camicia ideale era nera, con un trim intorno a collo, un trim sul taschino. Morbida, di raso».

E il periodo colorato?

«Dietro consiglio di Graça, moglie dolcissima. Per farlo sembrare meno vecchio. Ma non sono mie camicie. Lui diceva: non posso dire no».

L’ultimo incontro?

«Era già malato. In poltrona, con il plaid sulle gambe. Matteo Renzi, allora sindaco, mi chiese di trovare l’occasione per dargli di persona il Fiorino d’oro. Ci incontramm­o a Johannesbu­rg. Davanti a Madiba, Renzi era impallato, come diciamo a Firenze».

Il ricordo più bello?

«Le passeggiat­e nel suo giardino a Johannesbu­rg. Parlava spesso dei bambini: non è giusto, diceva, che debbano subire gli errori degli adulti».

Le ha mai fatto un regalo?

«Esaudì un mio desiderio, trovandomi il luogo per la festa dei 50 anni. Un posto meraviglio­so in Tanzania, a ridosso del parco del Taranghire. Invitai 40 tra familiari e amici. Ciascuno portava solo una cosa: una ruota di pane cotto a legna in Toscana. Al resto pensavo io. Ma un arabo potente che abitava in zona cercò di bloccare il mio campo sul nascere. Chiamai Mandela col satellitar­e. Il mattino dopo mi svegliai e dalla cima della collina vidi un polverone: era uno squadrone dell’esercito mandato dal presidente della Tanzania. Madiba sapeva essere convincent­e».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy