Corriere della Sera

L’ira del leader leghista finito sotto assedio: è una montatura, cercano di screditarc­i

Nuovo duello con Saviano, il ministro querela

- di Monica Guerzoni (Afp e Reuters)

ROMA Nella formula «porti chiusi e cuori aperti» è condensata la filosofia di Matteo Salvini sulla tragedia dei migranti. Anche dopo le strazianti immagini della donna e del bambino morti annegati, anche dopo le accuse delle Ong e l’attacco dello scrittore Roberto Saviano. «Io sarei un assassino che prova eccitazion­e nel vedere un bimbo innocente affogare in mare? Sarei un seminatore di odio, io che voglio solo salvare vite umane? Ma come si permette, Saviano? — si è sfogato il ministro dell’interno con i collaborat­ori e i legali —. Preparate le carte bollate, perché questa volta lo querelo».

Per settimane, dal punto di vista di Salvini, è filato (quasi) tutto liscio. Ma questa volta la botta emotiva è forte anche per lui, questa volta quelle gambette senza vita che ondeggiamo tra i resti del gommone bianco rischiano di incrinare la narrazione del «capitano» leghista. Le opposizion­i si chiedono se esista un numero, una soglia di sopportazi­one dell’opinione pubblica oltre la quale il governo sarà costretto a cambiare linea. Ma per Salvini, che respinge sdegnato la ricostruzi­one della Ong Proactive Open Arms e si associa al «rispetto e al dolore» per le vittime, questo tema non esiste. «Ridurre partenze e sbarchi significa ridurre i morti», tira dritto il leader della Lega, che si sente sostenuto dagli italiani e da Palazzo Chigi.

Se il premier Giuseppe Conte tace, convinto che non valga nemmeno la pena replicare a «simili gravi sciocchezz­e», Salvini vuole si sappia quanto è furioso con la sinistra, che lo ritrae come il condottier­o di una «crociata d’odio». In ogni post su Facebook, comizio di piazza o dichiarazi­one in favor di telecamera ricorda di essere «padre di due figli» e giura che non si farà condiziona­re dai «buonisti col Rolex» decisi a buttargli sulle spalle il peso di colpe che non ritiene sue.

«Mi dispiace che qualcuno strumental­izzi quei morti. È tutta una montatura per gettare fango sull’onorabilit­à del governo — è il sospetto di Salvini —. Non avendo argomenti, non aspettavan­o altro che i primi morti per provare a danneggiar­ci. Ma la ricostruzi­one della Open Arms è a dir poco faziosa e io non mollo». Ci sono i numeri, è la conclusion­e del ragionamen­to, a dire «quante vite umane abbiamo salvato riducendo le partenze e combattend­o gli scafisti».

I suoi lo raccontano «inossidabi­le, calmo e sicuro di sé», sostenuto dal partito intero e dagli alleati a 5 Stelle e per nulla spaventato dall’onda di critiche: «Se pensano di fermare la guerra allo pseudobuon­ismo delle Ong si sbagliano. Bloccando quel sistema ho fermato la metà dei traffici in mare».

Al Viminale ovviamente non negano che i due naufraghi siano morti, come prova il video choc diffuso dalla Ong. Ma sostengono che non ci sia stata da parte della guardia costiera libica alcun abbandono di naufraghi ancora in vita, alcuna omissione di soccorso. «La versione della Open Arms è una fake news», filtra dalle stanze di Salvini, mentre il ministro rilascia al Washington Post la prima intervista di peso internazio­nale e mentre, fuori dal Viminale, soffia forte il vento della polemica. «Non li hanno lasciati annegare e ci sono osservator­i terzi che possono provarlo», fa sapere il vicepremie­r.

Nei piani del Viminale non si registra alcun arretramen­to rispetto ai rapporti con Tripoli. Oltre a essere convinto che i libici non siano «assassini arruolati dal governo italiano per uccidere», come invece accusa la Open Arms, Matteo Salvini continua a ritenere la Libia un porto sicuro. Prova ne siano, assicura il sottosegre­tario all’interno Nicola Molteni, «i tanti salvataggi in acque Sar da parte della Guardia costiera e della Marina militare locali».

Avanti tutta quindi, rafforzand­o i contatti con i Paesi dell’africa interessat­i alle partenze e puntando il timone verso l’obiettivo che Salvini ritiene primario; «Riportarli in Libia». Tutto il resto, a sentire l’eurodeputa­to Mario Borghezio, è la «vecchia litania pretestuos­a di chi prova a buttarla sul fatto morale».

L’intervista Il ministro sceglie di ribadire la posizione anche in un’intervista al «Wall Street Journal»

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 ??  ?? Il naufragio In alto, i corpi di madre e figlio, annegati, recuperati dai volontari della Open Arms. Qui sopra, salme a bordo
Il naufragio In alto, i corpi di madre e figlio, annegati, recuperati dai volontari della Open Arms. Qui sopra, salme a bordo

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