BENI CULTURALI, L’APPELLO DEI VOLONTARI AI MINISTRI: STABILITÀ ANCHE PER NOI
Nessun sindacato. Niente mediazioni all’antica. La lettera porta la firma (diretta) di 662 dei 1.050 volontari del servizio civile nazionale ora impegnati in 135 strutture del ministero dei Beni culturali: dalla Biblioteca Nazionale centrale di Roma alla Reggia di Caserta, dagli Uffizi al Colosseo o a Pompei, per finire agli uffici dello stesso dicastero, e potremmo continuare. Hanno cominciato a prestare servizio il 1° settembre 2017 e smetteranno, dopo un anno, appunto il 1° settembre 2018. Hanno scritto a tre ministri: Beni culturali (Alberto Bonisoli), Pubblica amministrazione (Giulia Bongiorno) e Sviluppo economico e Lavoro (il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio). Chiedono ciò che tanti ragazzi intelligenti e motivati desiderano dal loro futuro: proseguire con un’esperienza che li ha arricchiti e, soprattutto, li ha dotati di una conoscenza che sono pronti a mettere a disposizione della collettività. Si legge nella lettera che tutti hanno registrato «una crescita professionale e personale maturata attraverso la diretta esperienza sul campo, il diretto coinvolgimento in progetti locali e la collaborazione col personale interno anche nel fronteggiare la carenza di unità lavorative che, a causa dei pensionamenti, ha investito alcune sedi». I 662 ragazzi chiedono, con apprezzabile sincerità e spontaneità e senza polemiche già sentite, una «stabilizzazione», per di più elencando concretamente le diverse possibilità contrattuali a disposizione dell’amministrazione. Dicono insomma: vorremmo continuare a lavorare, sappiamo che possiamo essere utili, abbiamo bisogno di una prospettiva per il futuro, possediamo senso di responsabilità ed entusiasmo. I ragazzi ricordano che il 2018 è l’anno europeo del Patrimonio culturale. Dal loro punto di vista, dopo un anno passato tra i nostri Beni storico-artistici, non è uno slogan. Sarebbe magnifico se i tre ministri riuscissero a dare una risposta concreta, non formale, in grado di accogliere e di non gettare al vento la rara passione culturale e civile svelata da questa loro lettera.