LA SQUADRA MULTIETNICA E QUELLA PIÙ FORTE
Caro Aldo, la Francia ha vinto perché era la squadra migliore, non perché multietnica come molti scrivono. Se vinceva la Croazia avremmo dovuto dire che ha vinto perché di pura razza slava? Ps. Non penso che mi pubblicherete. Teddy Dalle Sasse, Belluno
Caro Teddy,
La pubblico volentieri invece. In effetti ha vinto una squadra multietnica; che era anche la più forte. Le due cose non sono in contrasto.
Più in generale, presentare la finale della Coppa del Mondo come un derby tra globalisti e sovranisti è ovviamente una forzatura. A farlo però è stato Salvini, annunciando che andava a «gufare la Francia»: un’imprudenza grave, tanto più che la Francia ha vinto. Andare in Russia era giusto, rappresentare l’italia in un evento internazionale anche; ma quella era una frase da capopartito più che da vicepresidente del Consiglio. Salvini usa Macron per la propria propaganda; stavolta gli è andata male.
Sottolineare il successo francese non significa dire che possiamo accogliere tutti gli africani che vorrebbero venire da noi. La Francia ha avuto per secoli un impero coloniale, e per tenerselo ha combattuto invano due guerre sanguinose nella seconda metà del secolo scorso, quando l’inghilterra aveva già lasciato l’india e si andava ritirando dall’africa. Parigi ha responsabilità e opportunità diverse dalle nostre. L’italia è da poco un Paese di immigrazione. Un tempo dall’italia si partiva; ora si tenta di arrivarvi. Il paragone tra i migranti che sbarcano a Lampedusa o vengono portati a Pozzallo e i nostri nonni che facevano la quarantena a Ellis Island è del tutto improprio: un conto è arrivare in un continente sottopopolato come le Americhe dell’800, un altro è approdare su un lembo d’europa e pretendere di arrivare in Germania. Si possono, anzi si debbono fermare gli scafisti. Il business del traffico di esseri umani va stroncato. Ma non si può eludere il discorso sull’integrazione dei nuovi europei. La Francia delle banlieue in fiamme è giustamente parsa un segnale d’allarme; quella che vince il Mondiale grazie ai figli della banlieue è un segnale incoraggiante. Che non risolve il problema, ma ci indica una possibile direzione. Sarebbe sbagliato ignorarla.