«Sono farmacista e navigo in cattive acque»
Sono un «farmacista rurale sussidiato», cioè «titolare di farmacia situata in centro abitato sotto i 3.000 abitanti». Dal 2005 ad oggi il mio fatturato, grazie alla diminuzione dei prezzi dei medicinali mutuabili, è sceso del 40%, a parità di pezzi usciti dalla farmacia. Questo mi ha costretto a diminuire del 60% la forza lavoro impiegata e a finanziarla con mezzi miei, di famiglia. Un lettore si è lamentato perché un medicinale che in Olanda costa 1,50 euro in Italia ne costa 4,20. Sapete qual è il mio margine lordo su 1,50 euro? Mezzo euro, ma pagato il personale, l’affitto, le spese correnti e le tasse, restano circa 10 centesimi! Troppo? Se ne vendessi 1.000 al giorno basterebbero, ma non accade. La mia è una categoria privilegiata? Appartiene a una lobby potente e intoccabile dedita al guadagno facile? No! A Milano le farmacie sono enormi e sprizzano vitalità. Ma la realtà è fatta di 18.000 farmacie e la maggior parte sono in difficoltà gravi e i fallimenti si stanno moltiplicando. Cosa impensabile, pochi anni fa. Nel farmaco non c’è soltanto il prezzo, come in un detersivo che lava più o meno bene. C’è un valore aggiunto di una ricerca secolare e di un lavoro capillare su tutto il territorio da parte di professionisti preparati e apprezzatissimi da (quasi) tutti gli utenti. Vogliamo distruggerlo? Allora facciamo costare 1 euro e 50 quel medicinale. Alberto Fumagalli, Altare (Sv)