Corriere della Sera

«Io, giocatore Nba sulla nave della Ong? Prima sono un uomo»

Gasol, star del basket, tra i soccorrito­ri della Open Arms

- Di Massimo Rebotti

Le due navi della Ong Proactiva Open Arms fanno rotta verso la Spagna. Marc Gasol, centro dei Memphis Grizzlies, dieci anni di Nba ai livelli più alti, quasi 20 milioni di dollari di ingaggio all’anno, viaggia insieme agli altri volontari. Una parte delle vacanze le usa così.

Per lui e per il fratello Pau, altra stella del basket spagnolo con carriera luminosa negli Stati Uniti, il volontaria­to non è una questione estemporan­ea. Da anni, con la Gasol Foundation, i due fratelli catalani finanziano progetti di solidariet­à per i bambini più poveri. Questa volta Marc, il più giovane, si è imbarcato e lo avrebbe fatto «già l’anno scorso ma c’erano gli Europei e dovevo giocare con la nazionale».

Un anno fa Marc Gasol ha incontrato Òscar Camps, il fondatore di Proactiva Open Arms, è rimasto così colpito dalle cose che raccontava sui migranti nel Mediterran­eo che lo ha invitato a tenere un discorso al campus estivo della sua vecchia squadra di basket, a Girona. Quest’anno, libero da impegni sportivi, è salito a bordo, senza dare pubblicità alla scelta. Fino a martedì, quando ha pubblicato un tweet per esprimere «frustrazio­ne e rabbia» per il naufragio in acque libiche a cui aveva assistito. Tra le braccia che issano sulla barca l’unica sopravviss­uta ci sono anche le sue.

Quindi ha fatto un’eccezione alla sua riservatez­za. Perché?

«Perché raccontare quello che avevamo visto era troppo importante: c’era quel piccolo bambino, quell’altra donna, tutti e due morti, tanta benzina sulla superficie dell’acqua. E poi c’era Josephine. Sarebbe morta in pochi minuti anche lei se non fossimo intervenut­i».

Ha definito i volontari di Open Arms i suoi «attuali compagni di squadra». Sa che le Ong in Italia sono state molto criticate? Cosa ne pensa?

«Loro fanno una cosa molto semplice: salvano le vite. Non c’è politica qui, il lavoro che fanno è questo e lo fanno in modo eccezional­e. Non chiedono alle persone che colore hanno o da dove vengono, le tirano fuori dai guai, le salvano dalla morte, stop. È una questione di umanità e di solidariet­à. Perché parlar male di loro?».

Racconterà ai suoi due figli quello che ha visto?

La scelta

Un anno fa l’incontro con il fondatore dell’ong e la scelta di imbarcarsi sulla nave

«Lo farò. È giusto che sappiano cosa succede nel Mediterran­eo, li riguarda. Anche negli Stati Uniti è arrivata l’eco di quello che succede qui».

Pensa che gli atleti, i campioni che la gente conosce, possano avere un ruolo? Che debbano averlo?

«Non è una questione di essere atleti noti o meno noti. Prima di essere uno sportivo — un calciatore, un giocatore di basket — siamo uomini. Ognuno, di fronte a quello che succede può decidere cosa fare. Può scegliere se aiutare gli altri, se stare dalla loro parte».

A livello politico il dibattito su cosa fare di fronte alle migrazioni è molto forte.

«I governi dovrebbero pensare alle persone non solo ai numeri. Si tratta di prendersi la responsabi­lità di quello che succede. Assumersi la responsabi­lità delle persone in difficoltà è una buona cosa».

 ??  ?? In mare e in campo La foto postata su Twitter da Marc Gasol, 33 anni, il cestista spagnolo a bordo della Ong Open Arms Astral: il campione di basket, nel tondo, salva con gli altri volontari Josefa, la 40enne del Camerun rimasta in mare due giorni....
In mare e in campo La foto postata su Twitter da Marc Gasol, 33 anni, il cestista spagnolo a bordo della Ong Open Arms Astral: il campione di basket, nel tondo, salva con gli altri volontari Josefa, la 40enne del Camerun rimasta in mare due giorni....
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