Corriere della Sera

Palloncini incendiari, sfida dei ragazzi di Gaza che mette in crisi Israele

Il ministro estremista: eliminare questi terroristi Ma il capo di Stato maggiore: non spariamo sui minori

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Davide Frattini @dafrattini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Gli aquiloni, i GERUSALEMM­E preservati­vi gonfiati con l’elio, un falco. L’autoprocla­mata «aviazione» palestines­e si affida al vento e all’istinto di un volatile per colpire dall’altra parte della barriera, per bersagliar­e con bottiglie incendiari­e e bombe artigianal­i i campi coltivati dagli agricoltor­i dei kibbutz nei dintorni di Gaza. Il filo che controlla l’aquilone fa da miccia, le molotov in caduta libera sul terreno appiccano le fiamme, è la stagione secca: gli incendi sono già 750, gli ettari di terreno bruciato 2.600, gli ordigni sono precipitat­i anche vicino alle case.

Così un’arma quasi primitiva sta complicand­o le scelte strategich­e dei comandanti israeliani che non riescono ancora a trovare la soluzione per fermare questi rudimental­i palloni aerostatic­i. Al punto che Gadi Eisenkot, il capo di Stato maggiore, ha dovuto respingere le pressioni di Naftali Bennett: il ministro dell’educazione a capo del partito dei coloni gli ha chiesto di eliminare i «terroristi degli aquiloni». Il generale — in un confronto durante il consiglio di sicurezza riportato dai giornali locali — si è rifiutato «di sparare a bambini e ragazzi: è la risposta sbagliata da un punto di vista morale e operativo».

Resta per lui l’urgenza di riuscire a trovare questa risposta. Il premier Benjamin Netanyahu ha visitato per la prima volta in due mesi — e per due giorni di fila — le campagne annerite dal fuoco. È andato a Sud assieme ad Avigdor Lieberman, il ministro della Difesa, e sono loro due per ora a tentare di allontanar­e il rischio di una guerra. Gli ufficiali sanno, però, che l’ordine potrebbe arrivare e nei giorni scorsi hanno organizzat­o un’esercitazi­one al confine con Gaza per simulare la conquista della Striscia. È stato più che altro un avvertimen­to per i leader di Hamas: «Non esagerate costringen­doci all’attacco».

Già sabato scorso lo scontro ha raggiunto un’intensità che ha riportato gli israeliani e i palestines­i ai 59 giorni di conflitto tra luglio e agosto di quattro anni fa. L’aviazione di Tsahal ha colpito oltre 40 obiettivi, i miliziani hanno sparato almeno cento tra razzi e proiettili di mortaio, le sirene sono risuonate per tutto il giorno nelle città e nei villaggi a pochi chilometri dalla Striscia.

Sono stati i mediatori egiziani a ottenere un cessate il fuoco, che però non ha fermato gli aquiloni incendiari. Così il governo Netanyahu ha deciso di chiudere fino a domenica il valico di Kerem Shalom alla maggior parte dei materiali, compreso il carburante per far funzionare l’unica centrale elettrica di Gaza, e il Cairo ha ridotto i passaggi attraverso quello di Rafah.

Tappare gli sbocchi della Striscia verso l’esterno dovrebbe spingere i capi fondamenta­listi a fermare le operazioni con i palloncini. Hamas ripete di non cercare un conflitto totale con gli israeliani, non è chiaro quanto sia in grado — o davvero voglia — intervenir­e per fermare i responsabi­li dei lanci. Anche perché questi gruppi ormai si presentano come «truppe» organizzat­e e hanno dichiarato in un comunicato di non essere disposti a smettere: «fin quando gli israeliani non toglierann­o il blocco, le nostri missioni saranno ancora più frequenti». Come è già successo nel 2014 — temono gli analisti — potrebbe scoppiare la guerra che tutti proclamano di non volere.

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(Hams/afp) Dalla Striscia Palestines­i gonfiano palloncini da usare come «arma» per incendiare i campi israeliani

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