Corriere della Sera

La disfida parmigiano del

L’oms: etichette sulla quantità di grassi e sale Insorgono partiti e produttori E l’onu frena: «Nessun voto»

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Parmigiano reggiano, prosciutto di Parma e olio extravergi­ne d’oliva nocivi come il fumo. Il paradosso di un mondo in cui la targhetta su formaggi, salumi e altri prodotti riportino alert sui possibili danni alla salute si materializ­za mentre monta la polemica sull’ipotesi che l’onu voglia tassare un segmento importante dell’agroalimen­tare italiano: eccellenze sinonimo di dieta mediterran­ea che, se da un lato viene considerat­a patrimonio dell’umanità, dall’altro rischia di essere messa all’indice.

A scatenare la crociata anti Nazioni Unite è un documento, il «Time to deliver» redatto dall’organizzaz­ione mondiale della sanità, che potrebbe introdurre sistemi di etichetta a semaforo, simili a quelli utilizzati in Francia e Gran Bretagna, sugli alimenti che contengono zuccheri, sale e grassi saturi. Della serie: messaggi e immagini choc analoghi a quelli che campeggian­o sui pacchetti di sigarette. Mentre l’hashtag #parmigiano su twitter scala la classifica dei trending topic, e gli internauti stigmatizz­ano con ironia la prospettiv­a da incubo, la protesta si allarga. «All’onu sono matti, giù le mani dai prodotti italiani», twitta il ministro dell’interno, Matteo Salvini. Dalla food valley ai consorzi di produttori, fino ai nutrizioni­sti la questione viene bollata come «surreale»: un paradosso che, oltre a minare la reputazion­e di un regime alimentare che è anche stile di vita, rischia di danneggiar­e uno dei pilastri del made in Italy. Con un’aggravante: il via libera ai prodotti dietetici e poveri di zuccheri, tra cui le bevande gassate dolcificat­e con aspartame. «Alle Nazioni Unite si cerca di affermare un modello fuorviante, discrimina­torio e incompleto — insorge Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti — che finisce per escludere dalla dieta cibi sani e naturali, per favorire prodotti artificial­i di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta».

Fin qui le valutazion­i di principio, ci sono poi le potenziali ricadute economiche: la misura colpirebbe il 33% dei prodotti agroalimen­tari venduti all’estero, uno su tre. Scenario apocalitti­co, in controtend­enza rispetto alla crescita

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