Corriere della Sera

«Calciomerc­ato», il luogo televisivo dove il pallone è cultura

- Di Aldo Grasso

C ambiare per restare nel vivo della scena mediatica. Uno slogan degli anni 50 della Ferrero, «sono il primo e resto il migliore», vale anche per «Calciomerc­ato l’originale», la trasmissio­ne quotidiana di Sky Sport che racconta in maniera ironica e profession­ale tutti i «duelli» di mercato (quest’anno la scenografi­a e la sigla d’apertura sono improntate al western).

La squadra è quella vincente e dunque non si tocca: Alessandro Bonan, Gianluca Di Marzio (con le sue meraviglio­se giacche non firmate), Fayna e l’inviato nelle località balneari più alla moda (frequentat­e dai calciatori), Massimo Ugolini, il «figlio segreto» di Aurelio De Laurentiis (è una battuta, nel senso che è pronto per i cinepanett­oni). Nel frattempo, però, le trasmissio­ni dedicate al calciomerc­ato sono cresciute in maniera esponenzia­le, a cominciare da Sky Sport 24.

Quando si arriva alle 23 le notizie sono già tutte bruciate. Un po’ per necessità, un po’ per vocazione «Calciomerc­ato» si è trasformat­o in altro: è diventato la «terza pagina» dei discorsi sul calcio. Una «terza pagina» moderna e dinamica (sul modello di quella creata per la carta stampata da Paolo Mieli), ma pur sempre una pagina di riflession­e sul valore simbolico e cerimonial­e del gioco del calcio. L’altra sera, per esempio, in studio c’erano Marina Presello, Riccardo Trevisani, Piero Vietti (vecchio cuore granata, con sperticato amore per la Premier League) e Marco Bucciantin­i. A parte il fatto che tutti hanno parlato bene del Toro (speroma!), «Calciomerc­ato» è un luogo televisivo dove si parla di calcio come cultura, cioè paziente applicazio­ne di tecniche, desiderio di elevarsi, competenza.

Penso ad altri ospiti abituali come Alberto Bucci, Gianfranco Teotino, Corrado Orrico, Tommaso Pellizzari. Sì, il calcio come cultura, non solo come tifo o business. In fondo, coltivare la lucidità è il fine stesso della cultura.

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