A pranzo dagli Este carni, pesci, Ruzante e 104 commensali
Festa, spettacolo, dimostrazione di potenza, occasione di relazioni diplomatiche, il pranzo rinascimentale aveva le sue regole e le figure professionali che ne garantivano il successo. A comandare il gioco era lo scalco, cioè il regista della grande messinscena. Il più celebre scalco fu Cristoforo di Messisbugo, amministratore dei duchi d’este, che ci ha tramandato un «Libro novo» con 324 ricette e il modo di combinarle e presentarle. Poi veniva il cuoco, quindi il trinciante che con lame affilatissime faceva le porzioni di caprioli, cinghiali, vitelli e altre carni, infine il bottigliere. Tra una vivanda e l’altra, si svolgevano spettacoli, concerti, balli.
Come avvenne il 24 gennaio 1529 per il banchetto voluto dal duca Alfonso I d’este per festeggiare le nozze (già avvenute a Parigi) tra suo figlio Ercole I e Renata di Francia, orfana di Luigi XII e nominata da Francesco I duchessa di Chartres.
Dunque messer Messisbugo aveva organizzato nel castello di Ferrara una festa che passò alla storia, non solo della cucina, ma anche della letteratura. Prima del pranzo, nella sala grande venne offerta ai 104 ospiti la commedia di Ludovico Ariosto «La Cassaria». Dopo la sesta vivanda fece la comparsa nella sala del banchetto il Ruzante, che intrattenne gli ospiti. Elencare tutte le portate è impossibile: dal fagiano arrosto alle salsicce in padella, dalle polpette di cinghiale ai cosci di capriolo, dai capponi ripieni ai pasticci di uova di trota. La settima vivanda era a base di formaggi. L’ottava comprendeva venti ostriche a testa. Alle 20.30 tutti a ballare.