Corriere della Sera

Stranieri penalizzat­i dal bonus affitti? È contro la Costituzio­ne

- di Luigi Ferrarella

Risale al 2008 e per il «bonus-affitti» era contenuto in un decreto legge Tremonti sulle «misure economicof­inanziarie di stabilizza­zione», ma quel sostanzial­e «prima gli italiani» somiglia tanto al «prima gli italiani» preannunci­ato adesso in tanti altri ambiti dalla quota leghista nel governo gialloverd­e. Ed è perciò doppiament­e interessan­te la sentenza con la quale ieri la Consulta ha dichiarato incostituz­ionale la norma che, ai fini dell’accesso degli indigenti ai contributi per pagare il canone d’affitto stanziati dal «Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione», imponeva solo agli stranieri extracomun­itari il requisito della residenza da dieci anni in Italia o da almeno cinque in una stessa Regione. Il Fondo di sostegno per quanti a causa del basso reddito non fossero in condizione di pagare l’affitto di casa era stato costituito nel 1998, con legge statale e soldi ripartiti dalle Regioni, ma dopo 10 anni il legislator­e (decreto legge n. 112 del 2008 aveva introdotto un requisito aggiuntivo

La norma del 2008

Prevedeva contributi agli indigenti dalle Regioni, ma gli stranieri dovevano essere residente da 10 anni in Italia o da 5 in quel territorio

esclusivam­ente per i cittadini extracomun­itari, e cioè la residenza decennale sul territorio nazionale o quinquenna­le sul territorio regionale. È questo requisito che ieri la sentenza della Consulta, redatta dalla vicepresid­ente Marta Cartabia, giudica incostituz­ionale per contrasto con l’articolo 3 della Carta perché irragionev­ole e discrimina­torio, in quanto fa sì che l’accesso a un beneficio (volto ad alleviare situazioni di estrema povertà) sia subordinat­o alla permanenza dei cittadini extracomun­itari sul territorio nazionale e regionale per una durata sproporzio­nata ed eccessiva. Nella questione sollevata dalla sezione Lavoro della Corte d’appello di Milano, in una causa promossa con l’avvocato Alberto Guariso dall’«asgiassoci­azione per gli studi giuridici sull’immigrazio­ne» per conto di una inquilina salvadoreg­na contro la Regione Lombardia, la Consulta non esclude in linea teorica che il legislator­e possa richiedere il possesso di requisiti lavorativi o anche residenzia­li che documentin­o il radicament­o sociale di chi domanda l’ammissione a un contributo pubblico: ma questi requisiti non possono mai eccedere i confini del rispetto dei principi costituzio­nali di ragionevol­ezza e non discrimina­zione, nonché della normativa europea. In maggio la Consulta aveva già dichiarato incostituz­ionali due leggi regionali, rispettiva­mente di Liguria e Veneto, che assegnavan­o titolo preferenzi­ale o fondavano su criteri temporali di residenza, contemplat­i solo per gli extracomun­itari, l’assegnazio­ne delle case popolari e l’ammissione agli asili nido.

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